Famiglia di famiglie: una comunità parrocchiale in cammino

Lettera alla comunità nel 50mo di apertura al culto della Chiesa parrocchiale

«17Lo Spirito e la sposa dicono: Vieni!E chi ascolta ripeta: Vieni!Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita. 20Colui che attesta queste cose dice: Sì, verrò presto!Amen. Vieni, Signore Gesù».

(Ap 22,17.20)

Cari Amici,

riprendo le parole del libro dell’Apocalisse, con le quali il nostro amato vescovo Franco Giulio Brambilla ha aperto la sua lettera pastorale di quest’anno, intitolata Chiesa di Pietre vive, per far sì, come lui ha detto più volte a noi tutti, che il Sinodo XXI, nel quale si è configurata una rinnovata modalità della presenza della comunità cristiana sul territorio, possa aver corpo. Vale a dire: in ogni comunità cristiana si accenda «la passione del Vangelo e la bellezza dell’esperienza della Chiesa».[1]Questo è più che un auspicio. È una verità tangibile, perché il nostro Sinodo XXI è stato un evento che lo Spirito ha suggerito alla Sposa, la Chiesa di Novara, perché riprendesse vigore la sua azione evangelizzatrice, iniziata XVI secoli fa con San Gaudenzio. Il 2018 è un anno giubilare: per la diocesi e per la nostra parrocchia. Si celebrano, infatti, i 1600 anni dalla morte di San Gaudenzio e i 50 anni di apertura al culto della nostra chiesa parrocchiale.[2]

 

I. Il Sinodo XXI: un evento dello Spirito

San Cipriano ci ricorda che la Chiesa è il «Popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».[3]

Da questo richiamo possiamo trarre tre “piccoli” insegnamenti per la nostra comunità.

Il primo. La Chiesa è dono e grazia: la Chiesa non si inventa né si produce, ma si riceve. Mons. Aldo Del Monte, nostro vescovo dal 1972 al 1990, di venerata memoria, soleva dire che la Chiesa non si organizza, ma si genera. Essa, infatti, non è il frutto della fatica dell’uomo, ma è l’offerta gratuita di una grazia, che non è né meritata né prevedibile. Ne deriva per ogni cristiano l’esigenza di uno stile di vita contemplativo ed eucaristico.

Il secondo insegnamento. La Chiesa si offre come mistero: in quanto è opera di Dio, essa è la vivente memoria di Colui, che, entrato nella storia, non si lascia ridurre ad essa. Cito ancora mons. Del Monte: «Se è perfetta nell’amore, la comunità cristiana diventa esattamente anche forma dell’universo. Aggrega gli uomini nell’unità del tempio e dello spirito; li accomuna nella coscienza di essere tutti insieme figli di Dio; irradia sulle loro ferite sanguinanti il balsamo della bontà evangelica; apre i loro occhi alla bellezza del divino che riporta l’uomo allo splendore antico; li risana profondamente, nella radice delle loro anime, con la luce della verità rivelata. E si ritorna a vedere l’unità dell’uomo unico e universale: ripeto, perché l’uno, il vero, il bello e il buono sono rivelazione dell’Assoluto che è l’unica sorgente di vita».[4]

Il terzo insegnamento. La Chiesa nel suo aspetto di comunità è impegnata nella storia: come il Verbo si è fatto carne, entrando fino in fondo nelle contraddizioni dell’esistenza umana e nella morte, così la Chiesa dell’amore dovrà farsi presente fino in fondo a tutte le situazioni umane, per contagiare in esse la forza e la pace del Redentore dell’uomo. Mons. Brambilla, nostro vescovo, ce lo ricorda in modo lapidario nella lettera pastorale di quest’anno: «Se volessimo indicare con un’espressione sintetica il passo da compiere, si potrebbe esprimere in modo semplice così: dobbiamo dire il Vangelo agli uomini e alle donne e donarlo nella loro lingua. Occorre accogliere lo Spirito Santo in una nuova Pentecoste, in cui gli apostoli annuncino anche oggi le “opere meravigliose di Dio”, per attuare una comunione che parla la pluralità dei linguaggi e dove ciascuno li intende nella propria lingua».[5]

 II. La misura alta della vita cristiana: la santità

Papa Francesco ci ha recentemente indicato la strada della santità in Gaudete et Exultate, la sua ultima esortazione apostolica. L’abbiamo meditata sera per sera nel rosario tra le case e vi sarà donata durante queste feste patronali. In questo testo Papa Francesco ci ha chiarito – se già non ci fosse evidente – che il principio, la strada e la meta della vita del cristiano è la santità. Essa consiste nella “santità della porta accanto”, vale a dire semplice, ma non ingenua, popolare ma non populista, che è vivibile, sperimentabile, percepibile, dentro la vita quotidiana di ogni credente. Papa Francesco ha evidenziato nel capitolo quarto della sua esortazione cinque caratteristiche che «sono cinque grandi manifestazioni dell’amore per Dio e per il prossimo che considero di particolare importanza a motivo di alcuni rischi e limiti della cultura di oggi».[6]Li leggeremo personalmente.

In questa lettera alla comunità mi premetto solo tre indicazioni a completamento, che riprendo dalla lettera pastorale di mons. Renato Corti, intitolata “Primo, la santità”, scritta nel 2001, immediatamente dopo il grande giubileo.

La prima indicazione. Santità vuol dire relazione. Un primo sentiero «può essere da noi scoperto contemplando in Gesù, “il volto del Figlio”. Questo sguardo è sufficiente per comprendere quale è la nostra vocazione più vera e qual è la sorgente della nostra santità».[7]

La seconda indicazione. Santità vuol dire dedizione e responsabilità. È il secondo itinerario che dobbiamo percorre insieme. E sottolineo insieme. Infatti, per essere dediti e responsabili nei confronti di Dio, l’Altro, e il prossimo, gli altri, sarà necessario inevitabilmente lasciarsi guardare dal volto misericordioso di Dio, e convertirsi coraggiosamente ad un nuovo sguardo così da esserne toccato nel cuore.[8]

Infine, la terza indicazione. Santità vuol dire speranza. Si tratta di una speranza che non delude (Rm 5,5), perché si racchiude nel mistero della presenza tra di noi di Gesù Risorto, vivo, operante per mezzo dello Spirito Santo.[9]

 

III. Far diventare la Parrocchia una famiglia di famiglie

Da tutto quanto ho scritto, come attuare quanto ci è chiesto dal nostro Vescovo nella nostra vita e nella nostra comunità parrocchiale?

Con quattro ingredienti da sempre a diposizione e di cui la nostra comunità – meglio – ogni comunità cristiana vive: la messa della domenica e la confessione, la preghiera personale e l’ascolto e il servizio della Parola di Dio. Non credo servano spiegazioni a riguardo di ciascuno di questi “ingredienti”. La loro validità è comprovata dalla Tradizione vivente della Chiesa. Certo ad un prezzo: quello di essere ormai minoranza. Non insignificante ma creativa. Come disse papa Benedetto XVI: «Direi che sono le minoranze creative che determinano il futuro, e in questo senso la Chiesa cattolica deve comprendersi come minoranza creativa che ha un’eredità di valori che non sono cose del passato, ma sono una realtà molto viva e attuale».[10]

Questo diventa di nuovo la spinta propulsiva, iniziata già lodevolmente dai miei predecessori – don Delfino, don Fausto, don Paolo – per il nostro continuare ad essere Pietre vivedi una Casa, la Parrocchia, tra le case, quelle del Quartiere. Così da diventare una Famiglia di famiglie, che restituisca sempre di più, avendolo ritrovato, il volto misericordioso di Dio e dell’uomo.

Proprio perché «Lo Spirito e la sposa dicono: Vieni!E chi ascolta ripeta: Vieni!Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita. Colui che attesta queste cose dice: Sì, verrò presto!Amen. Vieni, Signore Gesù» (Ap, 22,17.20).

Santa Rita ci aiuti in questa formidabile avventura.

Buona festa 2018!

 

Vostro,

 padre Marco

 

 

Novara, 22 maggio 2018, Solennità di Santa Rita

 

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[1]F. G. Brambilla, Chiesa di Pietre vive, Novara, SDN, 2017, p. 13.

[2]F. Cossalter, 1600 anni dalla morte del santo patrono: il 2018 sarà Anno Gaudenziano.

[3]S. Cipriano, De Oratione Dominica, 23.

[4]A. Del Monte, Omelia per il Giovedì Santo 1977 inDall’Eucarestia alla chiesa dalla chiesa al mondo, Novara 1989.

[5]F. G. Brambilla, Chiesa di Pietre vive, Novara, SDN, 2017, p. 13.

[6]Franciscus Pp, Gaudete et Exultate, 111.

[7]R. Corti, Primo, la santità. Lettera pastorale per l’anno 2001-2002, p. 17.

[8]R. Corti, Primo, la santità. Lettera pastorale per l’anno 2001-2002, pp. 25-36.

[9]R. Corti, Primo, la santità. Lettera pastorale per l’anno 2001-2002, pp. 37-46.

[10]Benedictus Pp XVI, Intervista del 26 settembre 2009.