Azzardo e altre dipendenze. Barberis: “Noi operatori penalizzati dall’indifferenza”

La lotta all’azzardo e alle dipendenze è prioritaria in Italia? La risposta dovrebbe essere scontata, ma, al di là dei proclami, si deve fare i conti con il bilancio dello Stato. Se nel programma del nuovo governo giallo-rosso era inserita solo una frase al 22° punto, dedicata al grave problema del gioco d’azzardo – “Sarà rafforzata l’azione di contrasto al gioco d’azzardo patologico” -, inizialmente neppure contenuta nella prima versione del programma, ora nel decreto fiscale 2020 collegato alla prossima legge di bilancio, pubblicato dal Consiglio dei ministri sulla Gazzetta ufficiale del 26 ottobre, ci sono alcuni elementi che destano allarme: ad esempio, la proroga per la concessione di scommesse e sale Bingo, lo slittamento del termine per la sostituzione delle slot in funzione con terminali da gioco da remoto, la lotteria degli scontrini. A preoccupare chi è in prima linea a combattere l’azzardo e le altre forme di dipendenza, prima fra tutte la droga, è il poco sostegno che viene dato alle comunità terapeutiche, nonostante i numeri parlino chiaro: sono 4 milioni gli italiani che nel 2017 (ultimo dato disponibile) hanno fatto uso di sostanze psicoattive illegali, 460mila hanno bisogno di trattamenti terapeutici per una dipendenza conclamata, sono 18 milioni gli italiani che giocano d’azzardo almeno una volta all’anno e quasi un milione i giocatori problematici. Sulle azioni necessarie per un contrasto efficace alle dipendenze abbiamo raccolto il parere di Meo Barberis, che dal 1983 si occupa per la Comunità Papa Giovanni XXIII (Apg23) del settore dipendenze. Continua la lettura dell’articolo sul sito di Cei News.