L’arte di educare in famiglia: Lettera alla comunità per il Natale 2019
L’arte di educare in famiglia
Lettera alla comunità per il Natale 2019
Cari amici,
lo scorso settembre ho inviato alle famiglie della nostra comunità una lettera programmatica per questo anno pastorale 2019/20 dal titolo “Educare è come seminare”, nella quale ho sentito la necessità di ribadire a me e a tutti l’urgenza dell’educazione, a partire dall’invito evangelico di convertirci alla Vita buona del Vangelo. Continuo su questo argomento, aggiungendo a quanto ho scritto, altre indicazioni affinché la famiglia, così come è, sia al centro di questa sfida pastorale entusiasmante. Ho raccolto le indicazioni fondamentale da uno scritto di don Sergio Nicolli, redatto nel 2007, ma ancora attuale.[1] Lo trovate completo agevolmente su internet. Qui preciso quello che mi sta più a cuore: la famiglia come luogo di educazione umana. Ciò che riguarda la sfida educativa alla fede cristiana lo scriverò nella prossima lettera di Pasqua. Per ora basti questo, sul quale vi invito a riflettere in questi prossimi mesi.
“Famiglia, credi in ciò che sei!”
La prima indicazione che faccio mia è di restituire alla famiglia la fiducia in se stessa e nelle sue possibilità di educare. Valgano semplicemente le parole dell’esortazione di san Giovanni Paolo II: “Famiglia, credi in ciò che sei”. Questo va ridetto non soltanto per la ricchezza umana che ogni famiglia porta in se stessa come bene supremo della persona e della società, ma anche per il potenziale educativo che la famiglia per sua natura contiene.
Il profilo dei genitori come educatori
La seconda indicazione è partire da una considerazione, che vale da premessa. Questa: i genitori efficaci non sono “genitori perfetti”, ma sono genitori che sanno porsi umilmente e coraggiosamente in atteggiamento di scoperta e di conversione. Delineiamo, perciò almeno sei caratteristiche del “buon genitore”.
Prima: Riconoscere la “trascendenza” del figlio. È importante che i genitori riconoscano che i loro figli non sono un prodotto loro, ma vengono da lontano, sono stati affidati loro da Dio perché li aiutino a crescere e a trovare la “loro” strada.
Seconda: Conoscere la meta e la strada da percorrere. I genitori sono adulti che hanno (o dovrebbero avere) maturato alcune scelte fondamentali e hanno acquisito alcuni punti sicuri di riferimento; sanno cos’è il bene e sanno indicare una via per raggiungerlo.
Terza: Sentire la responsabilità di formarsi. I genitori sono chiamati ad essere di stimolo a crescere nella capacità educativa e a mettere mano a una formazione per la quale oggi non mancano occasioni e iniziative. La nostra comunità cristiana offre spesso occasioni di accompagnamento da sfruttare al massimo.
Quarta: Attendere i frutti con ottimismo e pazienza. I genitori saggi sanno che è Dio che fa crescere e affidano nella preghiera i loro figli a Colui che li ha chiamati con un gesto di grande fiducia ad essere “cooperatori e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla”.
Quinta: Sapersi mettere in disparte con gioia. I genitori dimostrano la loro sapienza educativa quando, dopo aver accompagnato i figli verso la loro autonomia, sfumando gradualmente il peso della loro presenza, sanno mettersi in disparte, contenti di vedere che essi sono in grado di percorrere da soli la loro strada.
Sesta: Dedicare tempo e risorse alla propria relazione di coppia. È importante infine che i genitori dedichino tempo e risorse anche a se stessi, coltivino la propria intimità e relazione, altrimenti rischiano di impoverirsi e di non essere più in grado di comunicare nulla ai figli se non povertà, tensioni e frustrazioni.
Mezzi e risorse per educare in famiglia
Quali sono i mezzi principali che la famiglia anche oggi ha a disposizione per lasciare il segno nei propri figli? Ne indico altri sei.
Primo: La relazione affettiva. L’amore ha una forza persuasiva che va al di là della capacità di motivare e di convincere; esso suscita un desiderio di imitazione e un bisogno di identificazione che abbraccia tanto i modi di vivere che i valori sui quali si imposta la vita.
Secondo: La comunicazione significativa. Semplicemente – ma si fa per dire – “dire le parole giuste, quelle che contano, al momento giusto”.
Terzo: La comunicazione simbolica. Fa parte del patrimonio educativo della famiglia l’attenzione a vivere insieme con i figli alcuni momenti significativi della storia e della vita ordinaria della famiglia, sottolineandoli con gesti che diventano simbolici perché esprimono, nella semplicità del segno, la ricchezza di sentimenti e di contenuti: i compleanni, gli anniversari di alcune tappe della vita familiare (il matrimonio dei genitori, il battesimo dei figli, le ricorrenze di lutti familiari, ecc.).
Quarto: La testimonianza. Un’altra grande risorsa che la famiglia ha a disposizione per educare è la forza della testimonianza della vita, che vale ben più delle parole e delle raccomandazioni.
Quinto: L’esperienza di un amore che va al di là delle mura domestiche. Nella formazione dei figli è importante trasmettere i valori fondamentali della vita proponendo di coinvolgersi in esperienze dirette: l’attenzione ai poveri, ai malati, a chi è nel bisogno e a chi vive difficoltà particolari, praticare piccoli gesti di “carità” e di “vicinanza”.
Sesto: La preghiera fatta insieme. È un momento di “intimità” in cui si sperimenta una comunione particolare che viene dall’Alto e che ci rende più vicini tra di noi; è un momento di responsabilità nei confronti delle situazioni di bisogno che si presentano a Dio.
Ridare fiducia ai genitori e formarli
Occorre, infine, ridare ai genitori fiducia in se stessi e nelle proprie possibilità educative. Certo, sappiamo che l’amore da solo non basta. O meglio. L’amore è il migliore canale di trasmissione, ma se i genitori hanno il vuoto in se stessi, l’amore trasmetterà il vuoto; se i genitori riempiono la propria vita di ideali negativi e frustranti, non potranno che incidere negativamente nella vita dei propri figli. Allora il primo problema sarà quello di aiutare gli adulti a riconoscere e a scegliere valori autentici. Il secondo problema sarà di aiutarli a capire che oggi è necessaria anche una competenza, frutto di un cammino di formazione.
Non basta l’amore, occorre l’umiltà di riconoscere che essere genitori oggi è un mestiere difficile ma possibile e che per essere all’altezza della missione bisogna spendere tempo e risorse per formarsi, soprattutto nel confronto con altri genitori e valorizzando le occasioni che possono venire da vari ambienti.
Concludo con l’incoraggiamento paterno che il card. Carlo Maria Martini ha rivolto ai genitori in una splendida lettera poco prima di lasciare il suo servizio pastorale a Milano, con la quale ho iniziato la lettera per l’inizio dell’anno pastorale lo scorso settembre e che voglio ribadire. «La vostra vocazione a educare è benedetta da Dio: perciò trasformate le vostre apprensioni in preghiera, meditazione, confronto pacato. Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto. Educare è una grazia che il Signore vi fa: accoglietela con gratitudine e senso di responsabilità. Talora richiederà pazienza e amabile condiscendenza, talora fermezza e determinazione, talora, in una famiglia, capita anche di litigare e di andare a letto senza sa- lutarsi: ma non perdetevi d’animo, non c’è niente di irrimediabile per chi si lascia condurre dallo Spirito di Dio».
Con affetto paterno, Vi auguro un Santo Natale!
Vostro,
padre Marco
Natale del Signore 2019
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[1] S. Nicolli, Generazioni in dialogo. Il ruolo della famiglia nell’educazione alla fede, Azione Cattolica Italiana, Seminario di studio, 3 novembre 2007.