Missionari martiri, l’invito alla preghiera personale mercoledì 24 marzo

Martedì 24 marzo ricorre la 28ª Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri. A causa delle misure per arginare il contagio del coronavirus, questa edizione non sarà celebrata con  appuntamenti comunitari. «Ma l’invito – dice il direttore del Centro missionario diocesano padre Massimo Casaro – è quello di viverla con la preghiera personale e in famiglia». Una proposta semplice, «durante la quale ricordare insieme tutti i martiri cristiani, in particolare quelli uccisi nello scorso anno». Un elenco, purtroppo ancora troppo lungo, che pubblichiamo di seguito, insieme ad una toccante testimonianza di Carlo Urbani, medico italiano morto in servizio mentre lottava contro la SARS nel 2003, tratta dal sussidio del PIME di Milano.

RICORDO DEI MISSIONARI UCCISI NELL’ANNO 2019

In tanti posti nel mondo si continua a essere uccisi a causa del Vangelo di Gesù. È storia anche di oggi. Per questo vogliamo fare memoria di 29 nostri fratelli e sorelle – sacerdoti, religiosi e laici – che durante il solo anno 2019 sono morti martiri in 20 diversi Paesi. Con loro ricordiamo anche tutte le vittime senza nome di cui non conosciamo la storia, ma che con la loro vita e la loro morte hanno ugualmente reso di nuovo presente nel mondo il mistero salvifico della Passione, Croce e Resurrezione di Gesù.

Don Nicolas Ratodisoa, sacerdote diocesano, ucciso in Madagascar
Padre Antonio César Fernández, salesiano spagnolo, ucciso in Burkina Faso
Don Carlos Ernesto Jaramillo sacerdote diocesano, ucciso in Colombia
Padre Toussaint Zoumaldé, frate cappuccino del Centrafrica, ucciso in Camerun
Don Clement Rapuluchukwu Ugwu, sacerdote diocesano, ucciso in Nigeria
Fratel Paul McAuley, missionario laico consacrato inglese dei Fratelli delle Scuole Cristiane, ucciso nell’Amazzonia peruviana
Don Siméon Yampa, sacerdote diocesano, ucciso in Burkina Faso
Padre Fernando Fernández, salesiano spagnolo, ucciso in Burkina Faso
Don Cecilio Pérez Cruz, sacerdote diocesano, ucciso in Salvador
Padre Landry Ibil Ikwel, religioso congolese della Congregazione Sacri Cuori di Gesù e Maria, ucciso in Mozambico
Suor Ines Nieves Sancho, religiosa spagnola, uccisa nella Repubblica Centrafricana
Don Eutycas Murangiri Muthur, sacerdote diocesano, ucciso in Kenya
Guillermo Luquín, diacono permanente, ucciso in Argentina
Hugo Leonardo Avendaño Chávez, laico, ucciso in Messico
Antonio Margeli Lang, laico, ucciso in Messico
Ernesto Cavazza, laico, ucciso in Argentina
Don Paul Mbon, sacerdote diocesano, ucciso nella Repubblica democratica del Congo
Fratel Norbert Emmanuel Mugarura, laico consacrato dei Fratelli di Saint Charles Lwanga, ucciso in Uganda
Don Paul Offu, sacerdote diocesano, ucciso in Nigeria
Faustine Brou N’Guessan, laica, uccisa in Costa d’Avorio
Padre Stanislaw Szczepanik, religioso polacco della Congregazione della Missione, ucciso a Porto Rico
Don José Martín Guzmán Vega, sacerdote diocesano, ucciso in Messico
Genifer Buckley, laica, uccisa nelle Filippine
Don David Tanko sacerdote diocesano, ucciso in Nigeria
Diana Isabel Hernández Juárez, laica, uccisa in Guatemala
Suor Antonia Pinho, religiosa delle Serve di Maria Ministre degli infermi, uccisa in Portogallo
Don Kazimierez Wojno, sacerdote fidei donum polacco, ucciso in Brasile
Don Jhony Ramos, sacerdote diocesano, ucciso in Colombia
Don Michael Maingi Kyengo, sacerdote diocesano, ucciso in Kenya

LA STORIA DI CARLO URBANI

Nel mezzo dell’emergenza per il Covid-19, pregando per chi è oggi nel dolore e nella sofferenza, sappiamo che anche in quest’ora c’è stato certamente chi ha scelto di mettere il bene degli altri davanti alla propria stessa vita. Per questo vogliamo ricordare  la testimonianza di un martire della carità che ci ha mostrato come vivere il Vangelo anche in questa situazione: il dottor Carlo Urbani, medico marchigiano, morto nel 2003 nel  Vietnam proprio per essere rimasto accanto ai pazienti colpiti da un’altra epidemia, quella della Sars. Da una lettera del dottor Carlo Urbani: «Che cosa sto facendo qui della mia fede? Beh, qualche volta, magari incollati ad un ventilatore per il caldo torrido che c’è anche di notte, diciamo insieme qualche preghiera, ed ogni 15 giorni partecipiamo alla Messa per la comunità francofona nella missione francese. La messa è molto piacevole, semplice, sentita, ed è bello scoprire come quella famiglia di figli di Dio alla quale diciamo di appartenere, ma che in realtà immaginiamo sempre come un concetto astratto, in realtà esiste in carne ed ossa, ed è pronta ad accoglierti tra le sue braccia anche in posti lontani come questo. Ma poi soprattutto nella fede cerco in questo tempo la luce per rispondere ad angoscianti interrogativi che mi tengono sveglio. Il primo è la fatidica questione sulla vera natura dell’uomo. Quanto vedo qui, quanto sento nei racconti dei miei colleghi provenienti dalle mille ferite di questa terra, campi di battaglia, campi profughi, la profonda povertà delle bidonville, le assurde lotte fratricide, e le carceri grondanti sangue di tutti i regimi dittatoriali del mondo… tutto questo scoraggia un po’, e a volte vedere qualcosa di buono nell’altro, in chi ti è “prossimo”, diventa veramente difficile ed invita a chiudersi in se stessi. Ma i piccoli lumi che brillano nei cuori di quanti si prodigano in questo magma dolorante lasciano sperare, ed il ricordo di chi ha deciso di scendere in questo scenario di continui soprusi e guerre, per morire poi su una croce, mi fa credere che una luce di pace sarà pure nascosta dietro qualche orizzonte».