L’arte di educare cristianamente in famiglia. Lettera alla comunità per il tempo pasquale

Cari amici,

lo scorso settembre ho inviato alle famiglie della nostra comunità una lettera programmatica per questo anno pastorale 2019/20 dal titolo Educare è come seminare, nella quale ho sentito la necessità di ribadire a me e a tutti l’urgenza dell’educazione, a partire dall’invito della conversione alla Vita buona del Vangelo; ho continuato a Natale con alcune indicazioni molto pratiche su L’arte di educare in famiglia; ho richiamato nel giorno di San Giuseppe in una lettera intitolata Paternità Responsabilità Benedizione tre ulteriori elementi, che devono connotare gli uomini e le donne di buona volontà in questa “società liquida”, nella quale gli individui sono “casuali”, le relazioni “fluttuanti”, le identità “deboli”.

Riprendo il filo del discorso con lo stesso argomento, avendone colto ancor di più l’urgenza e il bisogno di fronte a questa perdurante situazione di pandemia, che sta mettendo a nudo non solo la debolezza della nostra umanità, ma ci rivela anche quanto sia necessario operare nel profondo del nostro spirito. Già il nostro vescovo Franco Giulio ci ha ben delineato nella sua pastorale di quest’anno, intitolata Il laccio del sandalo, una proposta concreta per ricostruire la dimensione spirituale del cristiano-testimone: ora mi permetto di completare il quadro delle tre lettere precedenti con questa, proprio perché si mostra improcrastinabile un cambio di rotta dinanzi ad eccessi di pseudo libertà che fino a poco tempo cantavano «dell’umana gente le magnifiche sorti e progressive» (G. Leopardi, Canto XXXIV, La ginestra), ma che, invece, hanno svelato la loro falsità e il loro inganno, chiarendoci bene i nostri limiti con situazioni ed immagini che non si cancelleranno facilmente dalla nostra memoria.

Credo che sia già questo il tempo di mettere mano all’aratro per preparare il terreno e gettare il seme senza guardarsi indietro (cfr. Lc 9,62). Inutile attendere oltre o aspettare la fase di semi apertura della vita civile per riprendere le nostre relazioni sociali: lo stare chiusi in casa, il vivere in famiglia ha messo a nudo le fatiche e i punti di forza di ciascuno. Approfittiamone, allora, per ri-cominciare, avendo ancora del tempo, la cui durata non sappiamo determinare per la continua evoluzione della pandemia.

Continuo, per queste ragioni, sullo stesso argomento, aggiungendo al verbo “educare” e al luogo fondamentale dell’educazione, “la famiglia” (con tutte le sue fragilità) l’avverbio cristianamente. Da qui il titolo di questa lettera di pasquale: “L’arte di educare cristianamente in famiglia”. Infatti, in questo tempo pasquale ci è richiamato l’impegno fondamentale assunto con il nostro battesimo e confermato con la Cresima: la responsabilità, che nasce dalla fede, a compiere non solo il passaggio (pasqua vuol dire questo) da una situazione di “cristianesimo omologato e di facciata” ad una continua verifica di noi stessi – la chiamiamo conversione – per adempiere al precetto fondamentale del Crocifisso-Risorto: «amare Dio e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato». Infatti, «da questo tutti sapranno che siete miei discepoli se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35). Vi invito a tale proposito a riprendere in mano anche le omelie della IV domenica di Quaresima (Il dono di alzare lo sguardo e guardare lontano) del Giovedì Santo (Il dono della Comunione) e del Venerdì Santo (Rompere i muri) che ho scritto e che trovate sul sito della parrocchia e sul sito di facebook parrocchiale.

Raccolgo ulteriori indicazioni fondamentale da uno scritto di don Sergio Nicolli, redatto nel 2007, ma ancora attuale, a cui ho fatto riferimento nelle scorse lettere di quest’anno (cfr. Generazioni in dialogo. Il ruolo della famiglia nell’educazione alla fede, Azione Cattolica Italiana, Seminario di studio, 3 novembre 2007). Ora preciso solo quello che mi sta più a cuore, soprattutto in questo tempo: il volto cristiano dell’educazione. Concluderò il tutto, poi, per la festa di Santa Rita.

Educare i figli alla fede: un impegno che nasce da due Sacramenti

Parto da un assunto: «Va ricordato che la famiglia è il luogo privilegiato dell’esperienza dell’amore, nonché dell’esperienza e della trasmissione della fede» (Cei, Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia, n. 52). Aggiungo a queste parole: «nonostante tutte le fragilità (convivenze, matrimoni civili, divorzi, ricomposizioni, allargamenti, …) che la famiglia oggi manifesta». Occorre sempre partire da qui, dal ruolo insostituibile di chi ha messo al mondo ed educato i figli, compito che non si può e non si deve delegare ad altri.

Piuttosto, la nostra Comunità cristiana nel suo insieme ha il dovere di formare e di sostenere le famiglie in questa loro responsabilità primaria. Di più. La nostra Comunità cristiana deve darsi da fare perché i genitori siano sempre più consapevoli che educare alla fede consegue direttamente alla loro scelta del matrimonio cristiano e/o della richiesta dei Sacramenti per i loro figli.

  1. Infatti, uno degli impegni essenziali che gli sposi esprimono nel momento del matrimonio riguarda la responsabilità del generare e dell’educare, come si ricorda loro con la domanda fatta loro al momento del matrimonio cristiano: «Vi impegnate ad accogliere i figli che Dio vorrà donarvi e a educarli secondo la Parola di Cristo e l’insegnamento della Chiesa?».
  2. Ma pure, quando i genitori, anche se non siano uniti sacramentalmente nel vincolo matrimoniale o si trova in nuove situazioni di vita, presentano un figlio perché riceva il Battesimo, accogliendoli all’ingresso della chiesa, il celebrante rivolge loro un’esortazione: «Chiedendo il Battesimo per vostro figlio, voi vi impegnate a educarlo nella fede, perché, nell’osservanza dei comandamenti, impari ad amare Dio e il prossimo, come Cristo ci ha insegnato. Siete consapevoli di questa responsabilità?».

Da qui nasce il compito della nostra Comunità cristiana tutta nel preparare gli sposi e i genitori prima del Matrimonio e prima del Battesimo perché siano in grado di pronunciare con libertà e responsabilità questi impegni, ma poi è importante, lungo il tempo della formazione permanente (che non vuol dire studio, ma accompagnamento in questa scelta educativa), richiamare in alcuni momenti gli impegni assunti. La parrocchia offre tanti incontri a questo riguardo: sfruttateli senza alibi.

Vengo al secondo punto.

Genitori e Comunità, insieme per educare alla fede 

C’è bisogno del contesto di una famiglia più grande, la comunità cristiana, che diventa anch’essa, come la famiglia, “grembo generante ed educante” per il cristiano.

Ma queste due realtà, la famiglia e la comunità cristiana, non sono in alternativa: sarebbe un errore delegare in bianco l’educazione cristiana dei figli alla parrocchia, come lo sarebbe limitare alla famiglia l’ambiente che educa alla fede; è, invece, indispensabile l’apporto dell’una e dell’altra; in quest’ultimo caso è essenziale l’accompagnamento dei catechisti e l’esperienza comunitaria nella espressione della fede e dell’impegno cristiano.

Partiamo dai compiti della famiglia.

In famiglia si educa non tanto comunicando verbalmente dei contenuti, ma vivendo in un certo modo; cioè, stando attenti a valorizzare tutte le esperienze che si susseguono nella vita familiare e nella comunità per interpretarle nella luce della fede e per cogliere gli spunti per dilatare l’orizzonte della visione cristiana della vita.

Vi segnalo, perciò, quattro attenzioni che dovrebbero essere costanti in quei genitori, a cui sta a cuore il cammino di fede dei figli:

  • cogliere le occasioni della vita quotidiana per parlare di Dio, per comunicare la sua Parola, per interpretare gli eventi e per orientare il cammino, anche quelle dolorose. Per esempio, nascondere l’esperienza della morte del nonno significa farli trovare impreparati davanti a inevitabili traumi che la vita riserverà più avanti.
  • valorizzare i segni che richiamano la presenza di Dio e la comunicazione con lui nella preghiera: vi domando molto semplicemente: il crocifisso c’è nelle vostre case?
  • “narrare” le opere di Dio nella storia della salvezza come raccontare, suscitando gratitudine, gli interventi di Dio nella storia della famiglia e nella vita quotidiana. Vi domando molto semplicemente: sfogliate l’album di famiglia, che reca tante occasioni di vita in cui avete sperimentato l’amore di Dio attraverso le vicende della vostra famiglia? Anche quelle dolorose?
  • pregare insieme in famiglia: la preghiera comune in famiglia diventa un momento prezioso di educazione alla fede, con due caratteristiche: fatta in comune, marito e moglie insieme, genitori e figli insieme ed impastata di quotidiano. Vi domando semplicemente: lo fate?

Vengo così al ruolo della Comunità cristiana.

L’apporto della Comunità è determinante perché la fede non viva soltanto l’esperienza dell’intimità della famiglia ma sia capace di suscitare il senso di una fraternità più grande.

  • Il primo luogo dove questo si sperimenta è la Messa della domenica, dove è il Signore che ci riunisce al di là dei legami di sangue e al di là dei sentimenti per costruire una comunità che annuncia, celebra e testimonia la vita nuova del Risorto. Vi domando: la Messa della domenica è un optional? Come può il bambino e la famiglia, senza l’espressione massima dell’incontro col Risorto, vivere la differenza cristiana? Mi spiego meglio: essere cristiani non consiste nel far del bene a tizio o a caio; questo lo possono fare tutti! Essere cristiani significa conformare la propria vita a quella di Cristo, il Crocifisso-Risorto, non semplicemente in senso morale, ma in modo totale, così che ogni azione quotidiana lo esprima; significa vivere la vita buona del Vangelo, facendo bene il bene, nel modo in cui lo ha vissuto Gesù Cristo …
  • L’incontro con i catechisti – notate che viene dopo la Messa perché è la Messa la parte più importante! – ha un carattere più sistematico che mira a dare un quadro completo di riferimento dei contenuti della fede ma nello stesso tempo introduce all’esperienza di quella famiglia più grande che è la comunità cristiana. Vi domando: è costante? Puntuale? Con buone relazioni con le figure che il Parroco ha scelto per questo compito? Si comunica quando si manca all’incontro? Sono semplici regole, ma che offrono una cartina di tornasole, sulla serietà con cui ciascuno vive l’impegno assunto con la richiesta dei Sacramenti.
  • Le molte esperienze nelle quali vengono coinvolti i genitori in un cammino di fede adulta in parallelo con la catechesi dei loro figli. Vi partecipate? Oppure, lasciate perdere? L’esperienza degli incontri tra genitori-catechisti-parroco-figure terze educative stanno dimostrando che lì dove c’è questo intreccio armonico tra il coinvolgimento della famiglia e l’accompagnamento dei catechisti, il cammino di fede diventa più sostanziale e interessa insieme tutta la famiglia e l’insieme della comunità cristiana.

Vengo, infine, al terzo e ultimo punto.

Riscoprire la ricchezza educativa degli anziani

C’è un’altra risorsa educativa che, nella trasmissione tra le generazioni, oggi va riscoperta e valorizzata: è quella degli anziani. La loro presenza, oltre che statisticamente elevata nel nostro Paese, è preziosa per il bagaglio di sapienza che porta con sé.

Soprattutto, di fronte alla implacabilità con cui la pandemia ha mietuto molti anziani, i più deboli, perché avanti negli anni, non possiamo non lamentare la perdita “della nostra memoria immediata” e “delle nostre radici famigliari”, quelle cioè più vicine a noi per il patrimonio che queste persone hanno conservato e mantengono tuttora per la facilità di accesso a loro da parte di ciascuno di noi.

Infatti, alle persone anziane della famiglia noi stiamo chiedendo molto in termini di servizio alle nuove generazioni: chiediamo soprattutto che si occupino dei figli mentre i genitori lavorano, e qualche volta la richiesta nei loro confronti è molto superiore alle loro risorse umane e in fondo è funzionale soltanto al benessere economico della famiglia.

A volte gli anziani sono indispensabili perché senza di loro la giovane famiglia sarebbe ridotta in povertà.

Gli anziani rappresentano, perciò, un potenziale educativo nei confronti dei giovani che forse non è ancora riconosciuto e valorizzato.

Papa Francesco ha parole importanti a loro riguardo, anche nella trasmissione della fede. Ve ne ricordo alcune. «La Chiesa guarda alle persone anziane con affetto, riconoscenza e grande stima. Esse sono parte essenziale della comunità cristiana e della società (…) In particolare rappresentano le radici e la memoria di un popolo. Voi siete una presenza importante, perché la vostra esperienza costituisce un tesoro prezioso, indispensabile per guardare al futuro con speranza e responsabilità». Il Pontefice ne elogia «la maturità e saggezza» che può «aiutare i più giovani, sostenendoli nel cammino della crescita e dell’apertura all’avvenire, nella ricerca della loro strada». Gli anziani, infatti, testimoniano che, «anche nelle prove più difficili, non bisogna mai perdere la fiducia in Dio e in un futuro migliore». Da Papa Francesco anche l’apprezzamento per gli anziani che offrono «tempo e talenti» agli altri, che «si rendono disponibili nelle parrocchie» dedicandosi «al decoro della casa del Signore, altri come catechisti, animatori della liturgia, testimoni di carità, e in ambito familiare». «Quanti nonni – ricorda Papa Francesco – si prendono cura dei nipoti, trasmettendo con semplicità ai più piccoli l’esperienza della vita, i valori spirituali e culturali di una comunità e di un popolo! Nei Paesi che hanno subito una grave persecuzione religiosa, sono stati i nonni a trasmettere la fede alle nuove generazioni, conducendo i bambini a ricevere il battesimo in un contesto di sofferta clandestinità».

Educare è una grazia del Signore

Concludo, riprendendo ancora le parole del card. Carlo Maria Martini, che hanno introdotto questo polittico di lettere alla comunità in quest’anno pastorale.

«La vocazione dei genitori a educare è benedetta da Dio: perciò occorre che essi trasformino le loro apprensioni in preghiera, meditazione, confronto pacato. Educare è come seminare: il frutto non è garantito e non è immediato, ma se non si semina è certo che non ci sarà raccolto. Educare è una grazia che il Signore fa: occorre accoglierla con gratitudine e senso di responsabilità. Talora richiederà pazienza e amabile condiscendenza, talora fermezza e determinazione, talora, in una famiglia, capita anche di litigare e di andare a letto senza salutarsi: ma non bisogna perdersi d’animo, non c’è niente di irrimediabile per chi si lascia condurre dallo Spirito di Dio. Esorto ad affidare spesso i figli alla protezione di Maria, a non tralasciare una decina del rosario per ciascuno di loro, con fiducia e senza perdere la stima né di se stessi né dei propri figli. Educare è diventare collaboratori di Dio perché ciascuno realizzi la sua vocazione» (cfr. C. M. Martini, La famiglia alla prova. Parole della sapienza cristiana, Milano, Vita e Pensiero, 2015).

La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito.

Buona Pasqua a tutti!

Vostro padre Marco

Novara, 19 aprile 2020,

Domenica della Divina Misericordia, Ottava di Pasqua