Coronavirus e crisi. Scuole paritarie, 30% a rischio chiusura  

Anche le congregazioni religiose (maschili e femminili) – molte delle quali hanno nel proprio carisma l’educazione dei bambini e dei giovani – scendono in campo per sostenere il grido d’allarme lanciato giovedì anche dalle pagine di “Avvenire” dal sottosegretario della Cei don Ivan Maffeis sulla drammatica situazione che stanno vivendo le scuole cattoliche paritarie. Situazione su cui si sofferma anche il documento finale della sessione primaverile del Consiglio permanente della Cei, ricordando che «la Chiesa c’è, è presente ed è aperta a una riflessione su valori fondamentali quali la famiglia, l’educazione, la sobrietà, la comunità, la solidarietà».
«È fondamentale dare una risposta alle attese di tanta gente, anche come contributo alla coesione sociale nei diversi territori – si legge nel comunicato finale del Consiglio permanente –. Così come è importante non sottovalutare la preoccupazione circa la tenuta del sistema delle scuole paritarie. Se già ieri erano in difficoltà sul piano della sostenibilità economica, oggi – con le famiglie che hanno smesso di pagare le rette a fronte di un servizio chiuso dalle disposizioni conseguenti all’emergenza sanitaria – rischiano di non aver più la forza di riaprire». Eppure, ricordano i vescovi italiani «la ripresa passa anche dal piano educativo: ormai in prossimità dell’estate, è necessario dare indicazioni alle famiglie circa lo svolgimento dei campi estivi e dei Grest, opportunità di crescita per i ragazzi e di aiuto per i genitori impegnati con la possibile ripresa delle attività lavorative». A confermare sul campo la drammaticità della situazione delle scuole paritarie arriva la lettera aperta firmata congiuntamente dalla presidente dell’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi) madre Yvonne Reungoat e dal presidente della Conferenza italiana dei superiori maggiori (Cism) padre Luigi Gaetani. «Siamo consapevoli – scrivono – che, senza un intervento serio dello Stato, il 30% delle scuole pubbliche paritarie sarà destinato a chiudere entro settembre, se non si dichiarerà bancarotta già entro maggio». Allarmi tutt’altro che generici, perché «i segnali che arrivano dai gestori sono drammatici: si continua ad erogare un servizio pubblico e non ci sono più soldi per pagare i dipendenti; si pagano tutte le utenze ma non arrivano rette sufficienti per far fronte alle spese di gestione. Siamo oltre il limite, non ci sono le condizioni per arrivare fino a giugno 2020, se non indebitandoci ulteriormente». Continua a leggere sul quotidiano Avvenire