La Speranza che nasce dall’incontro col Risorto. Omelia per la 3a domenica di Pasqua 2020
Miei cari,
il Vangelo di questa domenica ricorda l’episodio notissimo dei due discepoli di Emmaus, accaduto il pomeriggio di Pasqua (Lc 24,13-35). Vi commento passo a passo i punti fondamentali.
1.
«Due dei discepoli erano in cammino».
È la prima pennellata che l’evangelista Luca ci offre e che disegna non solo la vita dei due discepoli, ma anche la nostra. La vita cristiana è un cammino che può assumere modalità ambivalenti: quella del pellegrinaggio o quella del girovagare. Con una differenza fondamentale tra le due forme: se siamo in pellegrinaggio, abbiamo una meta a cui giungere; se girovaghiamo, ne siamo privi. La mancanza di un fine nel nostro essere “in cammino” determina anche due sentimenti opposti: il pellegrinaggio è carico di speranza, il girovagare ne è privo. I due discepoli di Emmaus stanno camminando senza una meta sicura. Il loro Maestro Gesù, in cui avevano fermamente creduto, è stato ucciso in modo orribile, vanificando tutte le loro speranze. Perciò, i due, delusi e frustrati, se ne vanno da Gerusalemme, la città santa, in cui erano giunti col loro Maestro per partecipare al compimento del Regno di Dio, senza più una meta precisa.
2.
«Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele…».
Con questa seconda pennellata l’evangelista Luca rileva lo stato d’animo dei due discepoli, che raccontano quanto accaduto al viandante sconosciuto, che si era fatto loro vicino. Si sentono perduti, perché è venuta meno la grande Speranza, espressa dai due discepoli nella parola «liberazione», quella, cioè, di passare dalla schiavitù del peccato e della morte alla vita di Grazia e all’Eternità beata. La domanda insistente nei due discepoli di Emmaus è dove sia finito Dio in questo male estremo che ha colpito Gesù. Sono stati privati della risposta alla “Vita in grande” che con Gesù si era manifestata, per il fatto che «fu profeta potente in opere ed in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo». Ed ora è morto in croce. La vicenda dei due di Emmaus è simile alla situazione della calamità che ha colpito noi tutti. Si manifesta nella disperazione di fronte a fatti che mostrano la nostra caducità e la nostra fragilità. Un piccolo virus ha paralizzato le nostre vite e la scienza non riesce tuttora a renderci tranquilli. Sì, ci sarà un vaccino: è sicuramente probabile; ma, sappiamo già, che ci saranno altri virus con cui dovremo fare i conti. Saremo allora perennemente in angoscia?
3.
«Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro».
È la terza pennellata, con la quale Luca ribadisce ai due discepoli di Emmaus e a noi che il Vangelo, Gesù stesso in altre parole, resta “la buona notizia”. Luca riferisce due precisi comportamenti di quel viandante sconosciuto: che si tratta della presenza di Gesù Risorto «in persona», cioè vivente e “in carne ed ossa”; che «si avvicinò e camminava con loro». Dunque, Gesù Risorto non resta a guardare o sta alla finestra di fronte al dolore che colpisce l’uomo! Gesù Risorto si avvicina discretamente e si mette in cammino con quei discepoli e con noi, entrando delicatamente nella loro e nostra vita di-sperata, per trasformarla di nuovo, rievangelizzandola. Scrive, infatti, Luca: «E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui». Gesù Risorto non ha paura di ricominciare, nonostante si sia già manifestato Risorto, come riferiscono i due discepoli di Emmaus: «alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo». Ma l’oscurità sembra persistere nel cuore dei due discepoli e continua ad impedire il riconoscimento di Gesù Risorto. Come superare questa cecità che si ostina nel cuore dei due discepoli e in noi, che viviamo, domandandoci dove sia il Signore in tutto questo male?
4.
«Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto».
È l’ultima pennellata del racconto lucano, ricca di numerosi spunti. Ne raccolgo due.
«Resta con noi, perché si fa sera». La notte fa paura ed evoca fantasmi, che si trasformano in giganti mostruosi. Chi di noi non ne ha fatto i conti in tante notti oscure della vita? Chi di noi non li ha forse lasciati sopravvivere e li ha alimentati, ingigantendoli e dando loro credito? Gesù sa bene come siamo fatti. Perciò, come si comprende dal racconto, ha rassicurati i discepoli, mostrando che le loro speranze non erano infondate. Gesù ha mostrato ai discepoli di Emmaus vicinanza profonda, effettiva ed affettiva, tanto che i due osano chiedergli di restare. Notiamo: chiedono ad uno sconosciuto di restare con loro, perché tale rimane ancora per loro Gesù Risorto; ma pure, perché il beneficio che ne hanno tratto è evidente: sono rincuorati. Ebbene Dio è così: ci rassicura, mentre i fantasmi della nostra testa e del nostro cuore, invece, no!
L’evangelista conclude: «Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». Commento solo questo. L’incontro col Risorto avviene nell’Eucarestia, nella Messa: è il sacramento della sua presenza nuova ed eterna. La Messa è il Segno che ci ha lasciato per incontrarlo. Altro di più grande non esiste. Altro di più semplice non si trova. In questa modalità Gesù Risorto si fa presente ed àncora il nostro girovagare in un porto stabile e sicuro. Questa Pandemia che ci fa digiunare forzatamente della sua presenza reale nella Messa potrà essere di nuovo l’occasione per alimentare il nostro desiderio di Lui.
5.
Mi fermo – i vangeli di Pasqua sono molto ricchi di spunti, ma basti questo per oggi – lascio a voi approfondire ulteriormente. Ma vi manifesto l’ardente desiderio di rivederci tutti, al più presto, seduti di nuovo attorno all’altare del Signore, nella nostra chiesa parrocchiale, per condividere il Pane spezzato e distribuire il Calice condiviso, dai quali si sprigiona la Speranza incorruttibile, piena di beatitudine e di gioia, per camminare nella vita che ci è dato di vivere.
Potremo così riprendere con Lui un dialogo che sembra interrotto per al presente situazione.
Potremo così rifarci sulla notte oscura che stiamo vivendo, uscendo verso al luce.
Ma non sarà una magia!
Occorrerà mettersi in cammino e non girovagare, con una meta sicura.
Occorrerà lasciare che il Signore si accosti in presenza e si avvicini nel nostro quotidiano.
Occorrerà lasciarci rievangelizzare sul senso ultimo della nostra vita.
Occorrerà lasciarci scaldare il cuore dalla sua Parola di Vita eterna, perché l’incontro col Risorto nel Banchetto di Vita eterna, al quale parteciperemo, ci schiuda gli occhi e li apra a nuovi orizzonti mai sperimentati.
Il ritorno alla normalità sarà dunque diverso, perché noi saremo diversi, ma speriamo ardentemente rinnovati e rievangelizzati, e non ciechi, come coloro che non hanno imparato nulla dal mistero di questa croce che tutti, indistintamente, ha colpito.
In attesa di questo vi ri-auguro la Buona Pasqua, un passaggio ad una vita rinnovata.
Vi abbraccio e vi benedico
Vostro Padre Marco
Novara 26 aprile 2020, domenica terza di Pasqua