Il virus mette in ginocchio l’economia. Commissione Ue: shock violento, serve una risposta comune
Il Collegio dei commissari pubblica le Previsioni economiche, registrando un Pil in caduta libera in tutta l’Europa, ma con “situazioni disomogenee”. Previsti aumenti della disoccupazione e balzi dei debiti pubblici. Particolarmente colpita l’Italia; la recessione arriva anche in Germania, Francia e, in misura minore, in Polonia. Dall’Ue interventi a sostegno di Stati e imprese, anche gli Stati devono fare la loro parte. Il commissario all’economia Paolo Gentiloni. Nelle altre foto, momenti della riunione odierna della Commissione (foto SIR/European Commission). “La pandemia di coronavirus rappresenta uno shock violento per l’economia mondiale e per quella dell’Unione europea, con conseguenze socioeconomiche molto gravi”. La Commissione europea conferma, con le “Previsioni” rese note il 6 maggio, ciò che si sapeva e si temeva: la recessione questa volta sarà ben più grave di quella del 2008, e simile, per portata generale, a quelle del 1929 e del secondo dopoguerra. Una crisi “diversa”? La serrata imposta dal Covid-19, lo stop alle fabbriche e ai commerci, le frontiere sbarrate, mettono in ginocchio i sistemi produttivi dei Paesi europei, mentre il quadro internazionale è altrettanto – se non più – fosco. Eppure questa crisi ha un volto piuttosto diverso dal passato: perché in Europa sono stati subito messi in campo interventi di sostegno alle economie – imprese, banche, famiglie – e alle finanze pubbliche, e altre (fra cui il Recovery Fund) sono allo studio. Infatti la Commissione avverte: “la ripresa economica di ciascuno Stato membro dipenderà non solo dall’evoluzione della pandemia in quel determinato Paese, ma anche dalla struttura di ciascuna economia e dalla capacità di ognuna di rispondere con politiche di stabilizzazione. Data l’interdipendenza delle economie dell’Unione, la dinamica della ripresa in ciascuno Stato membro inciderà anche sul vigore della ripresa degli altri Stati membri”. Continua la lettura dell’articolo di Gianni Borsa su AgenSir