L’iniziativa dell’uomo e quella di Dio. Omelia per la quarta domenica di avvento
Miei cari,
il vangelo di questa domenica è lo stesso che abbiamo proclamato nella solennità dell’Immacolata (Lc 1,26-38), ma se nella festa della Vergine lo abbiamo commentato a partire dalla fede, che in Maria ha il modello esemplare, oggi, nella quarta ed ultima domenica di avvento lo vogliamo considerare a partire da una chiave di lettura diversa, che viene data dalla prima lettura di oggi (2Sam 7,1-5.8-12.14.16). Consideriamo, dunque, la prima lettura e poi il vangelo, traendo le conseguenze per ciascuno di noi.
Il desiderio di Davide, iniziativa dell’uomo
Leggiamo nel racconto restituitoci dal secondo libro di Samuele che Davide, scelto da Dio e consacrato con l’unzione, viene stabilito come re d’Israele. Il suo regno – riferisce la pagina della Scrittura – sarà stabile e da lui avrà origine la casata alla quale apparterrà il Messia promesso. Davide, come descritto dal testo dell’antico agiografo, è deciso a costruire una casa al Signore, che lo ha costituito sovrano sul popolo. Infatti, il re, vedendo che l’Arca dell’Alleanza, che conteneva le Tavole della Legge mosaica, era ancora ospitata «sotto i teli di una tenda»; sotto quei teli aveva dimorato durante la peregrinazione nel deserto ma, giunta ormai nella Terra promessa, vi rimaneva ancora in una situazione di precarietà e insicurezza. Davide matura così un buon desiderio: quello di erigere un tempio al Signore. Se infatti, il re viveva ormai sicuro «in una casa di cedro», non poteva concepire che l’Arca santa, testimonianza visibile dell’alleanza con YHWH, permanesse in una situazione instabile e provvisoria. Per questa ragione si confronta col profeta Natan ed esprime le sue intenzioni, che anche allo stesso Natan appaiono buone, tanto che lo esorta a procedere: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te» (2Sam 7,2-3).
Ma in quella stessa notte, Dio irrompe in sogno al profeta e consegna a quest’ultimo un messaggio per il re Davide che, nel suo contenuto, va ben al di là delle stesse intenzioni del re, neppure immaginate. Dice, infatti, YHWH a Davide: «Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”» (2Sam 7,12-16). Dio, in altre parole, non boccia l’iniziativa dell’uomo, ma piuttosto va al di là di quanto l’uomo stesso possa desiderare o ambire o concepire e, per bocca del suo profeta, lo dichiara a Davide: «Il Signore ti annuncia che farà a te una casa» (2Sam 7,11). Dio, dunque, non respinge il desiderio del re, ma lo purifica e lo eleva ad un vertice che neanche Davide stesso avrebbe osato immaginare. Il profeta, infatti, ricorda a Davide che in Dio sta l’origine di ogni cosa; che è in Dio è la sorgente di ogni umana aspettativa; che in Dio è la fonte, alla quale ogni creatura possa dissetarsi per non avere più sete; che in è Dio il culmine e il termine di ogni umano desiderio. In altre parole, rovescia la prospettiva di Davide, ricordando allo stesso re la sua storia. Una storia di amore e predilezione che aveva avuto principio, quando che Dio lo aveva «preso dal pascolo», perché Davide fosse il «capo del popolo, Israele». Non solo, Dio ricorda a Davide la costante cura: «Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra»; Dio, e non altri, fisserà, perciò, «un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato e come dal giorno in cui avevo stabilito dei giudici sul mio popolo Israele» (2Sam 7,8-11). Se Davide si era limitato a concepire la costruzione di «una casa», fatta da mani d’uomo e soggetta per questo al disfacimento del tempo, Dio concepisce, invece, per Davide «una casata» che, originatasi in Dio stesso, per tramite di Davide, sboccerà, nella pienezza dei tempi, e troverà, nel seno verginale di Maria, la figlia di Sion, la sua dimora. Come attesta l’Angelo alla Vergine: «Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,31-33).
La verginità di Maria, iniziativa di Dio
Sarà, dunque, una vergine il terreno fertile in cui potrà prendere vita l’iniziativa di Dio. Che cosa è l’annunciazione, se non il momento nel quale il desiderio di Davide prende una forma che il re non si sarebbe mai aspettato? Dio stesso prenderà carne di uomo e, assumendo l’umanità nella divinità, darà alla storia-della-salvezza un corso non limitato da confini spazio-temporali, ma illimitato ed eterno. Questo è il mistero del Natale: uno scambio ammirabile, Dio-che-si-fa uomo perché l’uomo-diventi-divino. Questo mistero prende vita dalla libera iniziativa di Dio e precede ogni umano desiderio. Dio si fa incontro all’uomo perché l’uomo trovi il riposo in Lui, in un bimbo, nato da una vergine, il Cielo si congiungerà alla terra e la terra al Cielo. È un abisso, è una vertigine: per quanto l’uomo si sia sforzato, si sforzi o si sforzerà di giungere al Cielo, a Dio, questo tentativo non sarà mai pari a quanto il Cielo stesso, Dio, regali alla sua creatura amata. In questo non c’è frustrazione delle capacità dell’uomo, ma, al contrario, è manifesto un amore preveniente e tale da colmare il cuore delle creature, amate dal Signore. La salvezza parte sempre da Dio, non da noi! La redenzione nasce da Dio, non da noi. Noi l’accogliamo e questa ospitalità è contenuta nel mistero dell’annunciazione: una vergine, non sposata, concepirà verginalmente. La vita di Dio si concepisce così: verginalmente; non nasce da un seme umano. Tutte le opere di Dio hanno un’origine verginale! Che cosa significa? Che la vita nuova nello spirito non si genera da umane iniziative, per quanto buone esse siano, ma solo nell’accogliere Dio stesso, che prende forma nel nostro terreno vergine, non compromesso, cioè, da qualsivoglia iniziativa umana. L’opera di Dio è un sorprendente dono, frutto di un’ammirabile gratuità. La verginità, perciò, non è tanto una categoria etica o semplicemente fisica. È di più! È una categoria esistenziale del rapporto con Dio. È Dio che inizia, perché nessuno si può dare la vita, poiché solamente il Figlio eterno, che è dall’eternità «è nel seno del Padre» (Gv 1,18) è «la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (cfr. Gv 1,4-5). Infatti, «a quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). Proprio per questa ragione, anche noi, resi figli nel Figlio amato, verginalmente, per suo tramite, possiamo diventare a nostra volta fecondi. Proprio come Maria. Ella si presenta con un atteggiamento che corrisponde perfettamente a quello del Figlio di Dio quando viene nel mondo: Egli vuole diventare il Servo del Signore, mettersi al servizio dell’umanità per adempiere al progetto del Padre. Maria dice: «Ecco la serva del Signore» (Lc 1,38); e il Figlio di Dio, entrando nel mondo dice: «Ecco, io vengo […] per fare, o Dio, la tua volontà» (Eb 10,7.9). L’atteggiamento di Maria rispecchia pienamente questa dichiarazione del Figlio di Dio, che diventa anche figlio di Maria. Così la Madonna si rivela collaboratrice perfetta del progetto di Dio, e si rivela anche discepola del suo Figlio, e nel Magnificat potrà proclamare che «Dio ha innalzato gli umili» (Lc 1,52), perché con questa sua risposta umile e generosa ha ottenuto una gioia altissima, e anche una gloria altissima.
Mentre ammiriamo la nostra Madre per questa sua risposta alla chiamata e alla missione di Dio, chiediamo a lei di aiutare ciascuno di noi ad accogliere il progetto di Dio nella nostra vita, verginalmente, con sincera umiltà e coraggiosa generosità.
Buona domenica!
Padre Marco