Imparare a vedere nella Vera luce. Omelia per la messa del giorno di Natale
Miei cari,
la proclamazione del lungo prologo di Giovanni, un inno meraviglioso che contiene in sintesi tutto il vangelo che scrive l’apostolo, caratterizza la liturgia della Parola di questa messa. Questo cantico straordinario può essere commentato in molti modi, scegliendone una parte. In questo giorno di Natale ho scelto quello che riguarda la Luce Vera che abita il Verbo che si è fatto carne: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta … Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,4-5.9).
Vedere la luce in fondo al tunnel
Non sembri singolare la mia scelta. Essa è dettata dalla pesante situazione che stiamo vivendo, che ci vede tutti quanti prostrati e stremati dalla fatica di non vedere ancora “la luce in fondo al tunnel” nel quale siamo immersi; o, almeno, di intravedere certamente qualche spiraglio, grazie al dono del vaccino che, nel corso dell’anno che si apre, potrà almeno risolvere una parte dei nostri problemi, la sicurezza della salute dal virus che ha devastato non tanto la nostra salute, quanto piuttosto le nostre relazioni di vita, ridotte ormai all’osso. In questa tenebra, che ha moltiplicato l’isolamento, a cui siamo stati costretti, siamo esasperati ma, probabilmente, se ne sta preparando un’altra, forse peggiore, che dovremo affrontare: quella di una più grande indifferenza reciproca, che sta silenziosamente avanzando come un fiume carsico, minando le già instabili fondamenta del nostro comune vivere quotidiano. Siamo per questo tutti spaventati, proprio perché non siamo più abituati, come le generazioni che ci hanno preceduto, al duro impegno di una ricostruzione, che fatichiamo ad immaginare in modo corale. Se è difficile sognare da soli in questo tempo, lo è ancor di più insieme. Siamo sulla stessa barca, eppure non siamo capaci di remare insieme con fiducia verso un porto sicuro per tutti.
Vedere la Vera Luce
In questo contesto apparentemente incontrollabile, perché pieno di oscurità, la parola evangelica di questo giorno santissimo vuole rompere queste mura cupe e cominciare ad aprire fenditure luminose, che facciano breccia nelle notti più profonde del nostro cuore lacerato.
L’evangelista Giovanni ce ne offre una testimonianza sicura, o meglio, addirittura lo canta nel suo prologo del vangelo: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta …Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo» (Gv 1,4-5.9). La sua affermazione nasce dalla coscienza di chi ha visto questa luce, divenuta tangibile ed esperibile, quella del Verbo di Dio che si è fatto carne, tanto che nella sua prima lettera lo dichiara apertamente a tutte le generazioni di credenti che verranno dopo di lui. Giovanni dice: «Quello che era da principio, quello che noi abbiamo udito, quello che abbiamo veduto con i nostri occhi, quello che contemplammo e che le nostre mani toccarono del Verbo della vita – la vita infatti si manifestò, noi l’abbiamo veduta e di ciò diamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna, che era presso il Padre e che si manifestò a noi -, quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunciamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e con il Figlio suo, Gesù Cristo. Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia piena» (1Gv 1,1-4).
L’evangelista, dunque, reca un lieto annunzio di salvezza, ribadendo che esiste veramente la luce del Verbo di Dio che, sola, può effettivamente illuminare non tanto “il fondo del tunnel”, in cui siamo immersi, ma tutto quanto l’universo della nostra vita comunitaria, poiché essa è fonte di vita.
Questa «luce vera» è capace di ridestare in noi le migliori energie, che abitano la nostra fragile, eppur sublime, esistenza. Questa «luce vera» ha, infatti, in sé stessa questa potenza, poiché ha la sua sorgente in Dio, come egli attesta: «il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1,1). Questa «luce vera» è vitale poiché solo Dio è datore di vita: «in lui era la vita» (Gv 1,4). Questa «luce vera» è una luce creatrice poiché solo Dio può dare origine al tempo e allo spazio: «tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste» (Gv 1,3). Questa «luce vera» è una luce capace di imporsi sulle tenebre, poiché è divina e niente può vincerla: «la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1,5). Questa «luce vera» ha un nome preciso, quello del Verbo di Dio che, fattosi carne, è diventato uomo nel seno della Vergine ed è stato riconosciuto e accolto come salvatore, Gesù, che «a quanti lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,14).
Vedere in modo rinnovato nella Vera Luce
Per avere in noi questa «luce vera», occorre che noi vediamo in questa «luce vera» tutto ciò che ci circonda, modificando la nostra stessa vista. Vedere, si comprende, allora non basta. È limitato e si riduce sovente a guardare fisicamente le cose; infatti, disponiamo del sole, della luce elettrica e di tutto quanto oggi la tecnologia ci offre. Si tratta, per ciascun credente, di far penetrare questa «luce vera» nel modo di vedere la vita per scorgere ciò che è essenziale e indispensabile, contemplando così in modo rinnovato, nella «luce vera» che è Cristo, tutto ciò che lo circonda. Questo è possibile, poiché non va dimenticato che se il Cristo morirà in un eclissi di sole ed entrerà nel buio degli Inferi, la «luce vera», portatrice di vita vera, non si spegnerà in Lui, ma deflagrerà nella luce della sua resurrezione. Come dice il passo evangelico di oggi: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta» (Gv 1,4-5).
Dunque, questa «luce vera» è realmente fonte di vita e finché non vediamo la «luce vera» di Cristo nelle cose e in esse non portiamo la «luce vera» di Cristo restiamo ciechi. Si tratta così di rompere i nostri schemi, le nostre visuali, le nostre ottusità che non vedono “al di là del nostro naso”. Mi spiego con alcuni esempi. Di fronte ad ogni situazione problematica che costella il nostro vivere quotidiano, da credenti e figli della «luce vera», non dobbiamo vedere una difficoltà da scansare, ma un’occasione che ci è donata per poter crescere, confidando nella Provvidenza di Dio. Di fronte ad una tribolazione, come la presente, non possiamo limitarci ad affidarci al solo vaccino, che certamente molto farà, ma non risolverà tutto ciò che in questo tempo si è prodotto: da credenti e figli della «luce vera» ci sarà chiesto di ampliare l’orizzonte e fare del tempo trascorso una grazia dalla quale ripartire migliorati. Di fronte ad un fratello o sorella che ci interpella e che chiede ascolto, non dobbiamo vedere solo una persona da evitare per non turbare la nostra routine, ma «nella luce vera» scorgere un fratello o una sorella, che ci è donata ed è a portata di mano per condividere e per far partecipe di quell’amore di cui noi stessi siamo fatti oggetto da parte di Dio.
Che fare dunque? Rinnegare le tante luci che oscurano la «luce vera» e dar spazio alla «luce vera» portatrice di vita rinnovata. Essa non è lontana da noi, perché è discesa sulla terra, ha fecondato il grembo di una vergine, si è fatta bambino, è diventata uomo, si è donata nel mistero della Pasqua, si è fatta Pane per abitare con noi sino alla consumazione del tempo. La luce di Dio, che è il Cristo salvatore, è a portata di mano, anzi di sguardo. Lasciamoci illuminare da questa «luce vera» e illuminati a nostra volta diventiamo «luci vere» che la riflettono per noi e per gli altri.
Buon Natale!
padre Marco