La fecondità del credente. Omelia per la solennità della Divina Maternità di Maria

Miei cari,
con giusta ragione la Chiesa pone la solennità della Divina Maternità di Maria Santissima a chiusura dell’ottava del Natale e all’inizio del nuovo anno.
1.
Con questa memoria la Chiesa ribadisce l’autenticità dell’incarnazione di Dio in Gesù Cristo: Egli è veramente Dio e veramente uomo. Maria è davvero la Madre di Dio, poiché non ci sono due persone in Gesù, ma due nature, l’umana e la divina, unite nell’unica persona del Verbo incarnato, che Maria Vergine ha generato per opera della Spirito Santo. Questo dogma di fede riguarda tanto Maria quanto Gesù: proprio perché Gesù è veramente l’uomo-Dio ha redento tutta l’umanità dal peccato e Maria è così il grembo verginale, in cui ha preso vita la nostra redenzione. La sua divina maternità è feconda per tutti gli uomini e per tutte le donne; essa è sorgente di vita nuova e di vita redenta; Maria è «benedetta fra le donne» poiché è «benedetto il frutto del suo seno, Gesù».
2.
C’è un secondo aspetto che possiamo considerare e far nostro da questa solennità, la fecondità, che non riguarda solo Maria, ma tutti gli uomini e le donne che credono in Cristo.
Infatti, in un altro passo evangelico lucano, si ribadisce questa dimensione come propria di ciascun credente, quando Gesù attesta: «Mia madre ed i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica» (Lc 8,21). È la Parola di Dio che, incarnata e assunta nella nostra umanità, dona fecondità dando origine ad nuova famigliarità in Gesù. Se in Maria è diventata carne e si è fatta uomo, in ogni discepolo di Cristo genera figliolanza divina. Come ci ricorda l’inizio del vangelo di Giovanni, che abbiamo proclamato il giorno di Natale: «A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati» (Gv 1,12-13).
Eco di questa Scrittura l’ascoltiamo anche dalle parole dell’apostolo Paolo, il quale oggi nella seconda lettura, lo ribadisce: «quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli» (Gal 4,4-5). Questa fecondità – attesta l’apostolo Paolo nella seconda lettura – è dono dello Spirito che opera nella vita di ciascun credente: «che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio» (Gal 4,6-7). Ciascuno di noi, dunque, come Maria, può diventare, in virtù dello Spirito di Dio che lo abita, artefice di bene, promotore di verità, creatore di bellezza, manifestazioni tutte dell’unica gloria di Dio, quale risplende nella vita di ogni creatura.
3.
In questo giorno, in cui si celebra la fecondità di Maria nella sua divina maternità, siamo esortati tutti ad essere aperti a questo dono per tutti i giorni dell’anno che si apre davanti a noi.
Non si tratta solo di difendere la vita in tutte le sue espressioni e manifestazioni dagli attacchi che la minacciano; si tratta piuttosto di respingere quel delirio di autonomia e auto centramento che ha portato ad un’immensa solitudine. Si tratta di rigettare quello sfrenato bisogno superficiale di vivere “di piacere in piacere”, “di sensazione in sensazione”, “di sentimenti in sentimento”, insomma, “del tutto e subito”, che annienta al suo nascere la stessa fecondità, rubandocela ed esponendola alle derive più bieche e superficiali. In questo clima non trovano accoglienza né la vita né i presupposti per generarla, poiché tutto si brucia e sfuma già al suo sorgere! È come se fossimo bocche fameliche che devono addentare e mangiare senza nemmeno masticare e gustare, deglutendo velocemente, i frutti che la vita ci dona.
Al contrario, la fecondità dei figli di Dio chiama tutti noi ad essere sorgenti zampillanti di vita, perché anche altri attingano a piene mani e si dissetino. La fecondità dei figli di Dio è espressione di amore gratuito. Lo stesso di cui Dio vive e dona all’universo creato. La nostra vita di credenti ne deve essere pertanto la manifestazione più piena e più sublime. L’amore cristiano è fecondità ed essa è apertura totale agli altri, non auto appagamento e non auto realizzazione. Siamo chiamati, come Maria, ad essere origine e non termine della vita. Siamo chiamati, come Maria, ad essere persone che procurano la vita. Ciò che ci fa fecondi è questo.
I pastori che giungono a Betlemme contemplano questo. Le persone che incontrano noi dovrebbero fare altrettanto. Ce lo auguriamo per questi 365 giorni a venire!
Buon anno!
Padre Marco