La fine, il fine e il confine del tempo
Quando finisce un anno e ne inizia uno nuovo, il tempo che passa ci affida una triplice sfida: abitare la fine, il fine e il confine del tempo. La “fine” segna ciò che non può più ritornare. È l’esperienza delle piccole e grandi morti che includono paure e relazioni, progetti e scelte. Vederle fallite o irrealizzate è fare esperienza della fine. Anche l’epidemia ci ha fatto fare esperienza di una fine sociale e politica. Per questo, nel suo messaggio di fine anno, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha chiesto di ricostruire il Paese a livello morale e politico (vedi il discorso). Quando qualcosa finisce o qualcuno muore, si è sempre in ritardo su quell’attimo, mancano sempre una parola da dire o una carezza da dare. Il cittadino adulto fonda la sua forza nella propria debolezza. Quello adultescente, invece, si ostina a fare il Peter Pan: vive da eterno adolescente, consumando continuamente esperienze. Per ricostruire occorre lasciarsi alle spalle le sirene dell’adultescenza e scegliere una cultura dell’età adultà. C’è poi l’esperienza del fine, ovvero scegliere verso quale fine orientare la vita. Percorrere una strada esclude tutte le altre possibili, ad esempio, se volo verso l’Asia non posso andare in America Latina. Scegliere è giocarsi nel tempo della vita. Prima della scelta in sé, è importante capire cosa scegliere, e i dibattiti sul futuro del Paese indicano che la questione da focalizzare meglio è proprio questa. Continua la lettura dell’editoriale di Francesco Occhetta sul sito Comunità di Connessioni