Signore, ascoltaci! Omelia per la 5° Domenica di Quaresima
Miei cari,
anche questa ultima domenica di Quaresima, che lascia già intravedere la gioia della Pasqua con la “resurrezione “di Lazzaro, non posso pronunciare l’omelia. Dunque, ve la invio, perché nel tempo disteso del Giorno del Signore, possiate raccogliere qualche spunto per la vostra riflessione personale e in famiglia.
Vi commento passo a passo il lungo vangelo di Giovanni (11,1-45) che si proclama e che narra l’ultimo dei Segni compiuti da Gesù, prima della Sua Passione-Morte-Resurrezione: la resurrezione di Lazzaro. Dovremmo, però, definirla non “resurrezione” ma, meglio, il miracolo della sua “reviviscenza”, perché Lazzaro morirà, terminato il corso della sua vita mortale, per risorgere, infine, con Cristo «nell’ultimo giorno» (cfr. Gv 6,39-40.44.54; 11,24). Infatti, Gesù è la «primizia» (1Cor 15,20) e, dunque, il primo di tutti coloro che, credendo in Lui, riceveranno la vita eterna.
1.
«Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto» (Gv 11,21 e 32).
Queste parole, pronunciate prima da Marta, poi da Maria, le due sorelle di Lazzaro, sono rivolte a Gesù di Nazareth, che era amico loro e del fratello e si focalizzano sul tema della morte. Questa realtà, rimossa sempre di più dal nostro modo di vivere occidentale, oggi, nei fatti di cronaca, esplode nella sua drammaticità. Mai, come in questi giorni, stiamo assistendo, impotenti, ad una statistica impressionante ed elevata di decessi. Ma a noi non basta il linguaggio delle statistiche. Infatti, tutti coloro che stanno morendo per la pandemia hanno nomi precisi, volti conosciuti, famiglie amiche, tessuti relazionali che travalicano le singole persone.
Così la voce del cuore dell’uomo insorge, dirompente e disarmata, di fronte a tutto questo sfacelo. Questa voce diventa un grido, uguale a quello di Marta e di Maria, sorelle di Lazzaro, che lamentano il loro lutto e lo urlano con tutta la loro angoscia in faccia al Signore della Vita: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto» (Gv 11,21 e 32).
È l’urlo del cuore umano. Di più. È il grido di due persone che amano, perché la morte stessa riacquisti tutta la sua verità col linguaggio dell’amore. In ognuna delle due sorelle di Lazzaro risuona la voce di tutti coloro che, perdendo nella drammatica solitudine di questa pandemia le persone amate, dicono, come le due sorelle: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto».
2.
Qual è la reazione di Dio di fronte a queste grida angoscianti? Lo racconta Giovanni, dichiarando che «Gesù si commosse profondamente» (Gv 11,33), quando udì il pianto delle sorelle e, in questo stato di prostrazione, chiese: «Dove l’avete posto?» (Gv 11,34). Al vedere la tomba dell’amico Lazzaro: «Gesù scoppiò in pianto» (Gv 11,35).
L’evangelista Giovanni ci attesta chiaramente che Dio non guarda da lontano l’uomo angosciato, rannicchiato e schiacciato dall’immensità della tragedia della morte, ma nel Figlio amato risponde con la voce del cuore umano. Dio scoppia a piangere! Dio soffre con noi! Sì, non resta insensibile di fronte alle nostre tragedie. Ne è totalmente compartecipe con la persona del Figlio suo. Quale Padre, infatti, resterebbe insensibile di fronte al pianto del Figlio e di ciascuno dei suoi figli? Nessuno. Nemmeno Dio lo fa!
3.
«Gesù le disse: Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo? Gli rispose: Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». (Gv 11,25-27).
Continua così il racconto dell’evangelista, ribadendo il linguaggio della fede, della speranza e dell’amore, di fronte alla morte. In queste parole, Gesù, il Cristo, afferma di se stesso che Egli è colui che il Padre ha mandato al mondo; che Egli è l’eterno testimone dell’amore del Padre e il definitivo Portavoce di questo amore di fronte agli uomini. Osiamo dire: che Gesù Cristo è l’Ostaggio di questo amore riguardo a ciascuno e a tutti. In Lui e per Lui l’eterno amore del Padre si conferma e si compie nella storia dell’uomo; si conferma e si compie in modo sovrabbondante. L’amore di Dio si oppone alla morte e vuole la Vita. L’Amore che resiste alla morte e desidera la Vita, si è espresso nella risurrezione di Cristo, di Colui che, per redimere i peccati del mondo, liberamente ha accettato la morte sulla croce. Questo evento è il mistero pasquale, nel quale si sono rivelati l’amore e la potenza di Dio, poiché la Vita ha riportato la vittoria sulla morte.
Anche a tutti noi, per quanto affranti e sconvolti dallo strappo della morte, viene tesa la mano di Dio. A tutti noi viene ridetto dal Cristo: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno». A tutti noi viene domandato: «Credi questo?». E tutti noi come le due sorelle di Lazzaro non possiamo che rispondere, nonostante le tenebre che ci avvolgono: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
4.
L’evangelista continua il suo racconto, mostrando la forza dirompente dell’Amore di Dio. «Gesù – scrive l’evangelista Giovanni – alzò gli occhi e disse: Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato» (Gv 11,41-42). Quindi, dopo avere reso grazie a Dio, Gesù gridò la Vita, dicendo: «Lazzaro, vieni fuori!» (Gv 11, 43).
Con queste parole, piene di potenza, Gesù, presso il sepolcro di Lazzaro si confronta con la morte e proclama la sua missione redentrice. Richiamando alla vita Lazzaro, Cristo rende testimonianza all’esclusiva potenza di Dio sulla vita e sulla morte. Al tempo stesso, presso la tomba di Lazzaro, Cristo preannuncia il suo mistero pasquale, nel quale la morte redentrice sulla croce, sfociata nella resurrezione, è divenuta per tutti la sorgente di Vita Nuova. Perché l’amore ha trionfato! Gesù non è risorto semplicemente perché era il Figlio di Dio. È risorto perché come nessuno mai nella storia dell’umanità ha amato divinamente l’uomo.
È questa la Sua Pasqua e questa sarà la nostra Pasqua, che ora crediamo ma che, amando come Cristo, otterremo. Questa è la Speranza che professiamo non di fronte alla tomba di Lazzaro, ma di fronte al Sepolcro di Cristo.
5.
Voglio concludere con la preghiera che san Paolo VI pronunciò ai funerali dell’amico Aldo Moro, la cui salma non era presente. Si viveva anche allora un momento drammatico in Italia, ma la nostra Nazione ne seppe uscire e rialzarsi vittoriosa, come saprà uscire e rialzarsi vittoriosa anche oggi da questa calamità. San Paolo VI pronunciò questa preghiera altissima e profonda, drammatica e dolorosa, ma al contempo ricolma di amore, di fede e di speranza nel Dio della Vita. Rileggiamola e preghiamola, perché ci sia di conforto nell’ora presente per questa nostra Nazione, per l’Europa e per il Mondo intero.
Così pregò papa Paolo: «Ed ora le nostre labbra, chiuse come da un enorme ostacolo, simile alla grossa pietra rotolata all’ingresso del sepolcro di Cristo, vogliono aprirsi per esprimere il De profundis, il grido cioè ed il pianto dell’ineffabile dolore con cui la tragedia presente soffoca la nostra voce. Signore, ascoltaci! E chi può ascoltare il nostro lamento, se non ancora Tu, o Dio della vita e della morte? Tu non hai esaudito la nostra supplica per la incolumità di Aldo Moro, di questo Uomo buono, mite, saggio, innocente ed amico; ma Tu, o Signore, non hai abbandonato il suo spirito immortale, segnato dalla Fede nel Cristo, che è la risurrezione e la vita. Per lui, per lui. Signore, ascoltaci! Fa’, o Dio, Padre di misericordia, che non sia interrotta la comunione che, pur nelle tenebre della morte, ancora intercede tra i Defunti da questa esistenza temporale e noi tuttora viventi in questa giornata di un sole che inesorabilmente tramonta. Non è vano il programma del nostro essere di redenti: la nostra carne risorgerà, la nostra vita sarà eterna! Oh! che la nostra fede pareggi fin d’ora questa promessa realtà. Aldo e tutti i viventi in Cristo, beati nell’infinito Iddio, noi li rivedremo! Signore, ascoltaci! E intanto, o Signore, fa’ che, placato dalla virtù della tua Croce, il nostro cuore sappia perdonare l’oltraggio ingiusto e mortale inflitto a questo Uomo carissimo e a quelli che hanno subito la medesima sorte crudele; fa’ che noi tutti raccogliamo nel puro sudario della sua nobile memoria l’eredità superstite della sua diritta coscienza, del suo esempio umano e cordiale, della sua dedizione alla redenzione civile e spirituale della diletta Nazione italiana! Signore, ascoltaci!».
Vi abbraccio e vi benedico
Vostro padre Marco
Novara, 29 marzo 2020
V domenica di Quaresima, di Lazzaro