Senza paura in cammino col Signore. Omelia per la 5a domenica di Pasqua
Miei cari,
in questa domenica quinta di Pasqua ci accompagna ancora l’evangelista Giovanni (14,1-12). Dodici versetti intensi e pregnanti, ricchi di sfumature. Quest’anno mi soffermo solo su alcuni versetti in particolare, perché il Signore ci faccia ardere ancora il cuore in attesa di poter Spezzare il Pane insieme per condividerlo.
1.
Il primo versetto è questo: «non sia turbato il vostro cuore», cioè, non abbiate paura. Di che cosa? Di qualunque cosa che possa turbarvi.
Penso che la situazione presente che stiamo vivendo sia la prima cosa a cui noi pensiamo con paura. Un minuscolo virus non ha mutato solo le nostre vite, ma oserei dirvi con franchezza, che ha anche cambiato il corso della nostra Patria e dell’intero Occidente. Credo che sia stia aprendo una vera rivoluzione economica (anche se riduttiva è questa definizione), la seconda che personalmente vivo, dopo il crollo del modello comunista nel 1989. Oggi sta cadendo, invece, il modello capitalista liberista. Lo aveva anticipato con lungimiranza apostolica il Santo Padre Francesco nella cosiddetta “Enciclica all’Italia”, ossia in quel discorso pronunciato a conclusione del Convegno della Chiesa italiana a Firenze (si veda questo link l’intero discorso; ben commentato dal nostro vescovo Franco Giulio Brambilla, Il Discorso di Firenze. Un’Enciclica all’Italia in “La Rivista del Clero italiano” 12 [2015], Milano, Vita & Pensiero). Così annunciava in modo chiaro e netto il pontefice: «Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli: il Signore è attivo e all’opera nel mondo. Voi, dunque, uscite per le strade e andate ai crocicchi: tutti quelli che troverete, chiamateli, nessuno escluso (cfr. Mt 22,9). Soprattutto accompagnate chi è rimasto al bordo della strada, “zoppi, storpi, ciechi, sordi” (Mt 15,30). Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo».
2.
Il Risorto stesso ci dice oggi, nel brano evangelico, per quale ragione non dobbiamo avere paura: «abbiate fede in Dio e in me». Esiste, cioè, un mezzo col quale potete difendere il vostro cuore dalla paura: la fede in Dio. Egli si prende cura di ciascuno di noi. È il secondo versetto del brano che si proclama oggi.
Ora questo virus ci ha messo di fronte alla nostra fragilità. Non tornerà tutto come prima. L’economia sola, su cui tutti stanno puntando come se essa bastasse solamente a ristabilire il pregresso, è solo un’illusione. Diabolica, la definirei. Certo, senza lavoro non si vive, ma solo di lavoro si muore, se non si rimette al centro la persona e non l’individuo. Quest’ultimo, infatti, guarda solo a se stesso; la persona guarda a se stessa in rapporto con gli altri e con il mondo che la circonda. Papa Francesco in quel discorso memorabile osservava ancora: «Lasciamoci guardare da Lui. Gesù è il nostro umanesimo. Facciamoci inquietare sempre dalla sua domanda: “Voi, chi dite che io sia?” (Mt 16,15). Guardando il suo volto che cosa vediamo? Innanzitutto, il volto di un Dio “svuotato”, di un Dio che ha assunto la condizione di servo, umiliato e obbediente fino alla morte (cfr. Fil 2,7). Il volto di Gesù è simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. E quel volto ci guarda. Dio – che è “essere di cui non si può pensare il maggiore”, come diceva sant’Anselmo, o il Deus semper maior di sant’Ignazio di Loyola – diventa sempre più grande di sé stesso abbassandosi. Se non ci abbassiamo non potremo vedere il suo volto. Non vedremo nulla della sua pienezza se non accettiamo che Dio si è svuotato. E quindi non capiremo nulla dell’umanesimo cristiano e le nostre parole saranno belle, colte, raffinate, ma non saranno parole di fede. Saranno parole che risuonano a vuoto. Non voglio qui disegnare in astratto un “nuovo umanesimo”, una certa idea dell’uomo, ma presentare con semplicità alcuni tratti dell’umanesimo cristiano che è quello dei “sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5). Essi non sono astratte sensazioni provvisorie dell’animo, ma rappresentano la calda forza interiore che ci rende capaci di vivere e di prendere decisioni».
3.
Che fare allora, mi domanderete? Gesù lo indica nel terzo versetto che commento: «Gli disse Tommaso: Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via? Gli disse Gesù: Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
Papa Francesco nello stesso discorso indica con concretezza le azioni da mettere in atto. Si tratta di tre sentimenti: l’umiltà, il disinteresse, la beatitudine, tutti tesi a mettere al centro Gesù, non la Chiesa e non i Cristiani; contro due tentazioni ricorrenti sempre nel corso della storia plurimillenaria della Chiesa: il pelagianesimo e lo gnosticismo.
- L’UMILTÀ. Scrive il Santo Padre: «Il primo sentimento è l’umiltà. “Ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a sé stesso” (Fil 2,3), dice san Paolo ai Filippesi. … L’ossessione di preservare la propria gloria, la propria “dignità”, la propria influenza non deve far parte dei nostri sentimenti. Dobbiamo perseguire la gloria di Dio, e questa non coincide con la nostra».
- IL DISINTERESSE. Continua il Papa: «Un altro sentimento di Gesù che dà forma all’umanesimo cristiano è il disinteresse. “Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri” (Fil 2,4), chiede ancora san Paolo. Dunque, più che il disinteresse, dobbiamo cercare la felicità di chi ci sta accanto. L’umanità del cristiano è sempre in uscita. Non è narcisistica, autoreferenziale. … Evitiamo, per favore, di “rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli” (Evangelii gaudium, 49). … La nostra fede è rivoluzionaria per un impulso che viene dallo Spirito Santo. Dobbiamo seguire questo impulso per uscire da noi stessi, per essere uomini secondo il Vangelo di Gesù».
- LA BEATITUDINE. Sottolinea il Pontefice: «Un ulteriore sentimento di Cristo Gesù è quello della beatitudine. Il cristiano è un beato, ha in sé la gioia del Vangelo. Nelle beatitudini il Signore ci indica il cammino. […] Ma anche nella parte più umile della nostra gente c’è molto di questa beatitudine: è quella di chi conosce la ricchezza della solidarietà, del condividere anche il poco che si possiede; la ricchezza del sacrificio quotidiano di un lavoro, a volte duro e mal pagato, ma svolto per amore verso le persone care; e anche quella delle proprie miserie, che tuttavia, vissute con fiducia nella provvidenza e nella misericordia di Dio Padre, alimentano una grandezza umile. […] Certo, se noi non abbiamo il cuore aperto allo Spirito Santo, sembreranno sciocchezze perché non ci portano al “successo”».
Sappiamo che le tentazioni esistono; le tentazioni da affrontare sono tante, ma si riducono essenzialmente a due, che chiamiamo Pelagianesimo e Gnosticismo.
- IL PELAGIANESIMO. Il Papa lo definisce così: «Esso spinge la Chiesa a non essere umile, disinteressata e beata. E lo fa con l’apparenza di un bene. Il pelagianesimo ci porta ad avere fiducia nelle strutture, nelle organizzazioni, nelle pianificazioni perfette perché astratte. Spesso ci porta pure ad assumere uno stile di controllo, di durezza, di normatività. … Davanti ai mali o ai problemi della Chiesa è inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaurazione di condotte e forme superate che neppure culturalmente hanno capacità di essere significative. La dottrina cristiana non è un sistema chiuso incapace di generare domande, dubbi, interrogativi, ma è viva, sa inquietare, sa animare. Ha volto non rigido, ha corpo che si muove e si sviluppa, ha carne tenera: la dottrina cristiana si chiama Gesù Cristo».
- C’è una seconda tentazione, ancor più sottile e nefasta, LO GNOSTICISMO. Papa Francesco ne traccia il profilo: «Esso porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il quale però perde la tenerezza della carne del fratello. Il fascino dello gnosticismo è quello di “una fede rinchiusa nel soggettivismo, dove interessa unicamente una determinata esperienza o una serie di ragionamenti e conoscenze che si ritiene possano confortare e illuminare, ma dove il soggetto in definitiva rimane chiuso nell’immanenza della sua propria ragione o dei suoi sentimenti” (Evangelii gaudium, 94). … La differenza fra la trascendenza cristiana e qualunque forma di spiritualismo gnostico sta nel mistero dell’incarnazione. Non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, significa costruire sulla sabbia, rimanere nella pura idea e degenerare in intimismi che non danno frutto, che rendono sterile il suo dinamismo. […] Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte».
Mi fermo qui. C’è abbastanza materiale su cui riflettere non per una settimana, ma per una intera vita.
Oggi è, però, anche la festa della Mamma.
Benediciamo il Signore per l’immenso dono della Mamma che non solo ci ha portato in grembo nove mesi ma ci ha anche accompagnato nel corso degli anni. C’è un proverbio che dice: “una mamma basta per cento figli ma cento figli non bastano per una mamma”. Tutti noi figli lo sappiamo. ChiediamoLe perdono per tutte le volte “non Le siamo bastati”, anche se sappiamo che la mamma ci ha perdonati subito; eppure, manifestiamoglielo ancora, anche se fosse già in Cielo.
Benediciamo il Signore per l’immenso dono di un’altra mamma, la Madonna, che ci ama, ci protegge e vigila sul nostro cammino. Affidiamoci come figli a Lei e a Lei tutte le nostre mamme con l’antica preghiera: «Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta».
Auguri a tutte le mamme e Buona domenica!
Vi abbraccio e Vi benedico
padre Marco Canali
Novara, 10 maggio 2020,
Domenica V di Pasqua, Festa della Mamma