La tratta delle donne viaggia in rete in tempo di pandemia

La pandemia ce l’ha con le donne. Ha esacerbato le vulnerabilità preesistenti di ragazze, bambine, migranti e rifugiate. Le misure di contenimento della mobilità, il lockdown, l’isolamento hanno aumentato la violenza domestica di cui sono vittime. Sono milioni le bambine che nel mondo post covid rischiano di non tornare mai più a scuola andando incontro a matrimoni e gravidanze precoci. L’emergenza sanitaria ha inoltre reso più difficile l’accesso da parte delle donne migranti e rifugiate ai sistemi di protezione. Infine, è sulle donne in tempi di pandemia che pesa l’aumento del lavoro di accudimento, da sempre ambito più femminile che maschile. Ma non è finita qui perché l’Onu denuncia ora che per le donne sono anche aumentati i rischi di cadere vittime della tratta in rete. I trafficanti di esseri umani si sono adattati immediatamente alla nuova realtà disegnata dalla pandemia e hanno sfruttato a loro favore il crescente utilizzo dei social media e di internet. La rete, cui siamo sempre più connessi per lavoro o, nei casi delle più giovani, per l’istruzione a distanza, è diventata un terreno utile ai reclutatori di vittime da avviare alla prostituzione. Un allarme arriva dal Comitato per l’eliminazione della discriminazione di genere delle Nazioni Unite che avverte come i criminali che sfruttano le donne hanno adattato i loro metodi di adescamento facendo ricorso alla tecnologia. Continua la lettura dell’articolo di Anna Lisa Antonucci su L’Osservatore Romano