Maria, la fede in pienezza. Omelia per la solennità dell’Immacolata Concezione

Miei cari,
il brano evangelico dell’odierna solennità è talmente ricco di sfumature da essere meditato secondo diverse prospettive. Vorrei però quest’anno farne emergere una in particolare, la fede, perché in Maria ne vediamo il modello e l’esempio. Scorriamo, dunque, questo brano nel suo svolgersi e cogliamo della fede quattro caratteristiche fondamentali.

La fede è testimonianza credente e credibile
L’evangelista Luca coglie, come in un flash fotografico, l’irruzione di Dio nella storia di una fanciulla: «l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe» (Lc 1,26-27).
Perché la fede prenda corpo in ciascuno di noi, è, anzitutto, necessario che ci sia data attraverso un testimone prescelto di essa. In questo caso è un angelo, un essere soprannaturale, ma sempre una creatura di Dio, che ha sperimentato la visione beatifica di Dio. Ma ciò che lo configura come testimone qualificato non è tanto la sua soprannaturalità, quanto piuttosto l’aver toccato con mano la presenza amorosa di Dio stesso e averla fatta sua. Solo così può recare il grande annuncio della Salvezza alla Vergine di Nazareth. Tuttavia, questo non vale solo per Maria, ma anche per ciascuno di noi. Infatti, l’annuncio avviene entro una storia precisa, con coordinate che non esulano dalla fatica del quotidiano. È qui che tutti noi abbiamo incontrato persone che ci hanno testimoniato con la loro vita di aver incontrato e creduto all’Amore che è Dio. La fede, dunque, si trasmette così: ci è data attraverso testimoni credenti e credibili: credenti che, avendo avuto esperienza reale dell’amore di Dio, ne sono stati affascinati al punto tale da essere poi credibili con la loro vita, che si è trasformata in quest’incontro con Lui.

La fede è gioia
L’evangelista Luca ci fa cogliere, immediatamente dopo, un altro elemento che connota la fede: la gioia. Infatti, Luca continua il suo racconto, scrivendo: «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te» (Lc 1,28).
L’irruzione di Dio nella vita umana, in questo caso, in Maria, è connotata dalla letizia e dall’affetto. Dio, infatti è per noi e con noi, mai contro di noi. Le parole del saluto angelico «Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te», sono un monito per allontanare ogni ostilità verso Dio, per far cadere ogni muro che abbiamo innalzato contro, per abbassare ogni barriera che abbiamo frapposta tra noi e Dio. Se l’incontro con Dio è gioia, la fede stessa è partecipazione a questo gaudio eterno: è, dunque, la sua seconda caratteristica.

La fede vince il turbamento
È pur vero che l’irruzione di Dio nella vita, crea turbamento. Come attesta bene l’evangelista: «A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo» (Lc 1,29).
Maria è pienamente consapevole di quanto ha ascoltato e rimane turbata che un simile annuncio sia rivolto proprio a Lei, un umile fanciulla di Nazareth, villaggio periferico e insignificante. In greco è letteramente scritto che Maria è sconvolta, non tanto perché dubiti di Dio – ha ricevuto prova nella sua vita della sua presenza -, ma quanto perché questo fatto sta accadendo proprio a Lei. Eppure, questo sconvolgimento non la fa cadere nella paura, deragliando così dai binari. Maria, al contrario, tira fuori la parte migliore di se stessa e ragiona; sì, proprio così, ragiona, perché la fede non è mai irrazionalità: al contrario è pensare a partire dalla parte più nobile del nostro animo, sfoderando quanto di meglio c’è in ciascuno. È la terza caratteristica della fede.

La fede è appoggiarsi al più forte
Maria, dunque, resta salda e considera come tutta la Storia della Salvezza del popolo di Israele – lo canterà poi nel Magnificat – sia costellata di annunzi simili. Poiché la fede ricevuta l’ha preparata e resa consapevole di questo, ora la rende pronta all’ascolto di quanto Dio per mezzo di un angelo le farà sapere. L’esempio di Maria è utile anche a noi. Spesso la vita, con l’irruzione di eventi inaspettati, ci mette in discussione; ma questo può diventare occasione di crescita e non di abbattimento. In questi momenti, occorre reagire come Maria, cedendo non alla paura ma alla nostra parte più nobile.
Maria viene aiutata dall’angelo del Signore, che aggiunge: «Non temere, Maria» (Lc 1,30). Nella Scrittura compare sempre questa affermazione «non temere», ogniqualvolta Dio si fa prossimo al cuore dell’uomo per evitare che costui non ceda alla paura, che è sempre cattiva consigliera, pessima maestra, spietata compagna di vita. La paura, infatti, si basa sempre sulla menzogna. Se è vero che ci sono paure sane e buone che ci allertano sui pericoli, è altrettanto certo che esiste una paura di fondo, che non ci blocca ma ci mette in movimento, facendoci fare cose che, a mente fredda, non compiremmo mai. Questa paura di fondo porta l’uomo e la donna al baratro, perché riveste falsi e deteriori desideri con belletti, che celano, sotto la loro maschera, angosce inconfessabili. Questo moto irragionevole dell’animo porta sempre la persona ad un rifugio costruito di false sicurezze, che ad un nuovo spirare dei venti, cede, lasciando chi vi si rifugia in balia degli eventi. Non è altro che un’opera diabolica, quella di questa paura, che va respinta. Dio per mezzo dei suoi angeli ci aiuta. Se, dunque, smettiamo di cercare ripari dalle angosce se finiamo di misurarci solo su ciò che temiamo, diventa chiaro che non dobbiamo vivere come fuggiaschi, ma piuttosto da pellegrini in ricerca costante di qualcuno che ci possa aiutare. Lo si esprime compiutamente nel salmo 23, quando l’antico poeta canta: «se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni» (Sl 23,4-6).
Tutto questo l’angelo santo offre a nome di Dio alla Vergine e a ciascuno di noi, quando dopo il «Non temere» si aggiungono le motivazioni, che non sono solo per Maria ma per tutti: «perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1,30). È vero che in Maria questo è condizione già stabile. Ella è, infatti, «la piena di grazia», Colei che non solo è stata pensata nell’amore ma anche preservata, in vista della passione redentrice di Gesù Cristo, da qualsiasi ombra di peccato, perché predestinata a diventare dimora del Figlio dell’Altissimo. Eppure, questo che appartiene a Maria per singolare privilegio, lo è altrettanto per ciascuno di noi. Infatti, tutti siamo destinatari della Grazia di Dio, come dice l’apostolo Paolo in un celebre passo della lettera ai Romani, «ci ha predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati» (Rm 8,29-30). La fede, dunque, non è essere forti, ma appoggiarsi al più Forte; la fede non è non aver pericoli, ma è farsi sostenere da Dio nei momenti del pericolo: questo è ciò che ci dà la vera libertà ed è la quarta caratteristica della fede.

La fede accoglie l’opera straordinaria di Dio
A questo punto Maria chiede: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?» (Lc 1,34).
La sua non è una domanda impertinente, mossa dal dubbio. Ella sa bene che quando una donna si sposa, avrà dei figli. Il chiarimento che vuole avere è dovuto al grande annuncio che l’angelo le fa: «concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine» (Lc 1,31-33). Poiché Maria sarà oggetto di un’opera di Dio, Dio stesso interverrà. Alla domanda di Maria, l’Angelo risponde con altrettanta chiarezza, come a dire: hai proprio capito bene; quanto avverrà non sarà il semplice frutto del tuo matrimonio con Giuseppe, ma opera straordinaria e meravigliosa di Dio stesso, poiché «lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile» (Lc 1,35-36). In tutta la Storia della Salvezza che precede Maria, le opere di Dio sono sempre state straordinarie e meravigliose; sono sempre state e saranno al di là di quanto l’uomo e la donna osano non solo pensare ma addirittura sperare. Perciò l’angelo conclude: «nulla è impossibile a Dio» (Lc 1,37). Nulla: cioè un uomo che nasca da una vergine; un bimbo, nel caso della cugina Elisabetta, che nasca da una sterile; un uomo, il Cristo, che risorga da una tomba. Questo è in grado di compiere Dio. La categoria di Dio è lo straordinario, ciò che è fuori dall’ordine costituito. Se noi non crediamo a questo, rischiamo di ridurre il cristianesimo ad una serie di precetti morali o ad una filosofia di vita più o meno accettabile o plausibile. No! Lo potremmo già fare da soli. Dio è al di là di ogni piccolezza e grettezza umana, Dio porta alla grandezza divina e suprema ogni sua creatura amata e pensata dall’eternità. Non ci si apre al Natale per celebrare una piccola festa che ci consola un pochino. No! Ecco perché Maria risponde: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Il greco letteralmente lo esprime con un ottativo di desiderio e di gioia “ghenoito”, che l’italiano “avvenga”, non riesce a coglierne tutta la pienezza di significato. Maria non risponde con una semplice concessione “avvenga”. Ella dice: “si compia tutto questo straordinario nella mia vita“! Fallo con me! Vieni Signore, irrompi nella mia vita. Le stesse parole possiamo dire noi: Vieni Signore, irrompi nella mia vita! Stanami da tutte le mie paure, da tutti i miei limiti, da tutti le mie piccolezze! Vieni, Signore! Travolgi il mio schema gretto, che mi irretisce nella paura. Fa’ che io mi apra alla tua opera. Voglio lo straordinario nella mia esistenza! Voglio Te, che sei al di là di ogni mia immaginazione e desiderio!
Buona festa a tutti!
Padre Marco