La “centralità” politica. L’orizzonte di Comunità di Connessioni

È vero, il centro politico, inteso in senso partitico, è stato svuotato e tanti milioni di elettori, orfani della loro appartenenza, hanno cercato rifugio in altri lidi. Le cause sono molte: dalla nascita di piccoli partiti ininfluenti alla poca attenzione verso la classe media, dalla mancanza delle riforme costituzionale alle ultime leggi elettorali che hanno premiato le ali e impedito alle forze più moderate di allearsi.

Il «centro» politico, inteso come «centralità», è però molto di più di un’area: è un metodo, un processo antropologico ed etico, si qualifica dal gradualismo delle riforme, dalla moderazione dei linguaggi e dalla cultura della mediazione, tesa a cercare punti di equilibrio validi per tutte le parti. Il suo interclassismo ha sempre ridotto le disuguaglianze tra le classi sociali ed è l’equilibrio per una società aperta e inclusiva in grado di assorbire le tensioni sociali. Se il Paese è cresciuto lo si deve a questa radice culturale nascosta, ma ancora vivente, che permette alla giustizia di essere riparativa e non vendicativa, al lavoro di essere pagato, alla dignità rispettata, all’accoglienza di essere una rinascita sociale invece di una minaccia. Se si vuole far nascere una stagione costituente, con visione e competenze nuove, governance e regole, occorre ritrovarsi in questo meta-luogo culturale come fecero i costituenti per riprogettarsi e riprogettare. Altrimenti senza ricostituzione il Parlamento svuoterebbe la sua legittimità e credibilità. Continua la lettura dell’editoriale di padre Francesco Occhetta sj sul sito di Comunità di Connessioni